Gino Monaldi: differenze tra le versioni

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*Nello stesso periodo in cui le gambe della [[Sofia Fuoco|{{sic|Foco}}]] mandavano in visibilio i livornesi, il canto paradisiaco di [[Marietta Piccolomini]] rapiva l'anima dei torinesi, e per una coincidenza bizzarra avvenne che ambedue i pubblici volessero offrire ai loro idoli la medesima espressione d'entusiasmo. All'uscita dal teatro, dopo la loro serata d'onore, una folla pazza e disordinata circondò le carrozze delle due artiste, tentò liberarle dei cavalli e volle sostituirsi ad essi. Il pazzo tentativo non sortì però lo stesso esito a Torino come a Livorno. Mentre in quest'ultima città la folla riuscì ad impadronirsi della carrozza e trascinarla a furia di braccia sino alla casa della celebre ballerina, a Torino la Piccolomini ebbe la presenza di spirito di aprire lo sportello della carrozza, saltare lestamente sulla strada e con quella voce soave che aveva fatto dar di volta ai loro cervelli: «No, signori, ella disse, io stimo troppo i torinesi da permettere ch'essi prendano per me il posto delle bestie da soma». Bastarono quelle parole per ricondurre la calma negli animi. La folla si divise subito in due ali, e la Piccolomini percorse, coi piedi nella neve, appoggiata al braccio di sua madre, il cammino dal teatro alla sua abitazione. (p. 203)
 
*Io ho veduto molte donne ballare sul teatro, ma non ne ho vedute danzare veramente che tre: la Boschetti, la Ferraris e la Pochini, e ho potuto persuadermi che altra cosa è il balio e altra cosa è la danza. Nulla infatti di così poco divertente di quelle ballerine che saltano sulla scena con una fatica visibile che le rende ansanti non ostante l'eterno sorriso attaccato come da due spilli sulle loro labbra. (p. 206)
 
*Pochi ricordano oggi {{NDR|[[Luigi Manzotti]]}} il glorioso autore dell'''Excelsior'' come mimo. Quelli però che al pari di me poterono vederlo nella ''Esmeralda'', nella ''Cleopatra'', nel ''Muzio Scevola'', nel ''Masaniello''<ref>nel testo "Masianello".</ref>, e ne' suoi balli ''Rolla'' e ''Pietro Micca'' non potranno dimenticarlo. Egli non aveva nulla a che fare con quegli attori-mimi, anche i più celebrati, che sembravano tanti mulini a vento sulla scena per la velocità del gesto e la irrequietezza continua dei movimenti. Il Manzotti sapeva esprimere tutto ciò che voleva dire con un'eloquenza mimica ammirevole. (p. 218)