Gian Luigi Rondi: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Gian Luigi Rondi==
*{{NDR|Su ''[[In nome del popolo sovrano]]''}} Anche se [[Luigi Magni|Magni]] non sta dalla sua parte, quel Papa Re in fuga più vincitore che vinto è uno dei segnali della vitalità del suo film. Nel rispetto onesto delle ragioni degli altri.<ref>Da ''Il Tempo''; citato in ''[https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/in-nome-del-popolo-sovrano/26608/ In nome del popolo sovrano]'', ''cinematografo.it''.</ref>
*{{NDR|Su ''[[La dolce vita]]''}} Il film — uno dei più terribili, più alti, e a modo suo più tragici che ci sia accaduto di vedere su uno schermo — è la sagra di tutte le falsità, le mistificazioni, le corruzioni della nostra epoca, è il ritratto funebre di una società in apparenza ancora giovane e sana che, come nei dipinti medievali, balla con la Morte e non la vede, è la "commedia umana" di una crisi che, come nei disegni di [[Francisco Goya|Goya]] o nei racconti di [[Franz Kafka|Kafka]], sta mutando gli uomini in mostri senza che gli uomini facciano in tempo ad accorgersene. [...] Polemica, simbolo, allegoria, atto d'accusa? Niente di tutto questo, Fellini si è volutamente tenuto lontano dall'opera "a tesi", ha evitato rigorosamente le intonazioni programmatiche, retoriche, moralistiche e ha preferito descrivere ai contemporanei i "mostri" di oggi [...]. E lo fa con una potenza drammatica, un impeto, una novità di linguaggio che, nonostante le riserve per la debolezza di taluni episodi (quando troppo insistiti, troppo scoperti o sgradevoli), iscrivono certamente il suo film tra le più "moderne" opere dell'arte del cinema.<ref>Da ''Il Tempo'', 5 febbraio 1960; citato in Claudio G. Fava, ''I film di Federico Fellini'', Volume 1 di ''Effetto cinema'', Gremese Editore, 1995, [https://books.google.it/books?id=DNMSsPUpWnoC&pg=PA95 pp. 95-96]. ISBN 8876059318</ref>
*{{NDR|Su ''[[Don Bosco (film 1988)|Don Bosco]]''}} Leandro Castellani, sorretto da una storia costruita in questo modo, senza molte increspature ma con climi intensi, l'ha rappresentata evitando a sua volta ogni sentimentalismo insistito, attento alla ricostruzione storica dell'epoca ma anche dei modi di vita di quei ragazzi all'inizio abbandonati e sbandati, qui con bozzetti dal vivo, là con pagine meditate e nitide, senza cedere mai ai trionfalismi dei successi né all'iterazione degli ostacoli: con quella figura al centro permeata in egual misura di umanità e di santità. Ottenendo, sia sul piano del racconto sia su quello delle emozioni, dei risultati molto degni. Favoriti da una fotografia (di Renato Tafuri) tutta colori effusi, con dominanti giallo oro, e da una musica (di Stelvio Cipriani) in equilibrio fine tra il profano ed il sacro. Cui va aggiunta, ma non certo per ultima, l'interpretazione di [[Ben Gazzara]] come Don Bosco: così somigliante, schietta e concreta da suggerire la preghiera.<ref>Da ''Il Tempo'', 1º ottobre 1988; citato in ''[https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/don-bosco/25747/ Don Bosco]'', ''cinematografo.it''.</ref>