Pierre Haski: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Su [[Donald Trump]]}} Il candidato repubblicano non si è affatto opposto all'invasione dell'Iraq come ha sostenuto più volte. Tre mesi prima della guerra si era detto favorevole all'idea, per poi prenderne le distanze nel 2004 quando sono cominciati i problemi. Ma poco importa. Trump continua a dire quel che gli fa comodo, o che piace al suo elettorato, senza preoccuparsi della verità e neppure dei fatti.
*Non si vota per la Brexit o per Trump perché dicono la verità, ma perché incarnano, a torto o a ragione, un rifiuto del "sistema". E i social network, grazie all'ambivalenza della tecnologia che fa gli interessi di chi la sa usare meglio, sono il campo di battaglia preferito di chi si crede poco rappresentato dai mezzi d'informazione tradizionali. La [[Post-verità|postverità]] è incompatibile con la democrazia. Se lasceremo che si radichi e si diffonda in maniera duratura, ne pagheremo tutti il prezzo.
 
{{Int|Da ''La buona notizia dell’anno è arrivata dall’Etiopia''|Tradotto in [https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2018/12/31/buona-notizia-etiopia ''Internazionale.it''], 31 dicembre 2018.}}
*[[Abiy Ahmed Ali|Abiy Ahmed]] ha cominciato liberando centinaia di prigionieri politici e giornalisti detenuti, e per la prima volta negli ultimi 15 anni non ce n’è più nemmeno uno in prigione. Una rondine non fa primavera, certo, ma si tratta comunque di un buon indicatore dello stato delle liberà in un paese.
*Alla fine ha prevalso Abiy Ahmed, uomo che incarna una nuova generazione più in sintonia con la popolazione giovane che aspira a una società più aperta. Da quel momento è partita “l’Abiymania” che si è prolungata oltre l’entusiasmo iniziale.
*Il primo ministro, ex militare che ha studiato informatica e filosofia, ha un padre musulmano e una madre cristiana. Sa bene che dovrà gestire conflitti etnici che ancora ci sono nell’ex impero di Haile Selassie e che dovrà superare il test della democratizzazione, coinvolgendo un’opposizione a lungo repressa.
 
{{Int|Da ''In Amazzonia il virus rischia di sterminare i popoli indigeni''|Sulla [[pandemia di COVID-19 in Brasile]], tradotto in [https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2020/05/04/amazzonia-coronavirus-indios ''Internazionale.it''], 4 maggio 2020.}}
*Il virus potrebbe provocare un genocidio? A sollevare il dubbio è un appello firmato da diverse personalità internazionali che si interrogano sui rischi della pandemia per una delle popolazioni più fragili al mondo: gli ultimi indigeni dell’Amazzonia, in Brasile.
*Inevitabilmente viene da pensare [...] a quello che è accaduto cinque secoli fa, quando i colonizzatori europei arrivarono nel continente americano portando con sé malattie contro le quali le popolazioni native non avevano alcuna difesa immunitaria. All’epoca gli indigeni dell’America meridionale e settentrionale furono decimati da vaiolo, influenza e tifo.
*In Brasile, dove l’attuale epidemia di covid-19 ha già fatto più di seimila vittime, la posizione di Jair Bolsonaro fa molto discutere. Il presidente, infatti, sminuisce la minaccia del virus e si oppone all’azione dei governatori che hanno imposto l’isolamento nelle principali regioni del paese.
 
{{Int|Da ''La deriva del populista Bolsonaro, dalle smentite al contagio''|Sulla [[pandemia di COVID-19 in Brasile]], tradotto in [https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2020/07/08/bolsonaro-smentite-contagio ''Internazionale.it''], 8 luglio 2020.}}
*Bolsonaro si è rifiutato di prendere le minime precauzioni e ha sostenuto attivamente i manifestanti che protestavano per le misure di isolamento imposte dai governatori e dai sindaci delle grandi città, trasformando questo rifiuto in un vanto.<br>L’aspetto più incredibile è che Bolsonaro ha mantenuto la sua posizione anche quando il Brasile è diventato l’epicentro mondiale della pandemia, con più di 65mila morti e 1,6 milioni di contagi, secondo paese più colpito al mondo dopo gli Stati Uniti.
*Molti paesi hanno “fallito” la risposta al virus per impreparazione o per incompetenza. Nel caso del Brasile la colpa è di un rifiuto su base ideologica. Il populismo si nutre dell’ostilità nei confronti della scienza, del complottismo e della sfida permanente che ha trasformato la mascherina in un simbolo disprezzato.
*Se la sanità pubblica è un ambito chiaramente politico, i populisti hanno perso l’occasione di mostrare la loro competenza. Il caso di Bolsonaro è sicuramente il più emblematico.
 
{{Int|Da ''La sconfitta dell’Armenia ribalta gli equilibri nel Caucaso''|Sulla [[guerra nell'Artsakh del 2020]], tradotto in [https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2020/11/11/nagorno-karabakh-armenia-sconfitta ''Internazionale.it''], 11 novembre 2020.}}