Enrico Brizzi: differenze tra le versioni

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*[...] era evidente che i nuovi [[televisore|schermi]] dal «colore sempre vivo», combinati ai nuovi standard audio, rapivano i sensi delle persone in maniera ben diversa rispetto ai televisori degli anni Settanta: vista e udito dello spettatore erano saturati, il tatto inibito dalla posizione immobile. Dei cinque sensi restavano liberi solo l'olfatto e il gusto, problema tecnico al quale si ovviava mangiando davanti allo schermo acceso: così l'idea di casa e protezione divennero un tutt'uno con la tivù e i suoi programmi, versione fredda e moderna del focolare domestico. (cap. ''Prima Repubblica'', p. 26)
*{{NDR|Sull'esperienza da giurato al [[Festival di Sanremo 1999]]}} [...] arrivi in ritardo, e farsi largo nel mare di teste e schiene fra gli stucchi del foyer non è un gioco da ragazzi. Occhieggiano colletti alla Wellington alti sei dita, nel cuore cieco della folla, risplendono chiome rese barocche da schiume e spray, e simili a scogli si profilano svariate scollature semplicemente inaggirabili. Hai un bel sventolare il pass da giurato, in mezzo agli spettatori che hanno pagato un milione a poltrona. Ci sono le famiglie numerose — i ragazzini conciati da [[cresima]] e nonna, un turbante da rajah in testa, portata a braccia. Ci tiene tanto, poverina, a non perdersi il ritorno della [[ornella Vanoni|Vanoni]]. Ci sono i terzetti d'amiche zitelle vestite come le caramelle Rossana. Ci sono spaventose matrone del profondo Nord che portano al collo svariati stipendi d'operaio e per mano mariti imprenditori ricchissimi e nani. Sei sul punto di rinunciare, oh sì. La folla è troppa e tumultuosa. Stai proprio per rinunciare. [...] a tratti biascicando scuse, a tratti simulando orrendi accessi di tosse degni di un personaggio [[dickens]]iano, riesci a farti largo anche fra i gruppi più gagliardi nel mantenere un'intima compattezza. «Sono il giurato Enrico Brizzi», mormori alla hostess che veglia alla base della scala che conduce ai palchi. All'inizio, ne sei quasi sicuro, ti guarda come una donna decisa a chiamare aiuto. «Mi segua», soffia piegandosi in modo appena percettibile verso di te. «Si stavano chiedendo tutti dove accipicchia si era cacciato.» (cap. ''Seconda Repubblica'', pp. 145-146)
*Cos'era, poi, 'sto ''[[Grande Fratello (programma televisivo)|Grande Fratello]]'' che faceva impazzire tutti? Edizione italiana del format olandese ''Big Brother'', a prima vista lo spettacolo [...] si basava su un radicale ribaltamento di ruoli: sostituire ai volti noti della televisione dei semplici sconosciuti, che avrebbero occupato gli schermi tanto a lungo da diventare essi stessi volti noti. La Casa era, insomma, una fabbrica di celebrità, e questo aizzava migliaia [...] desiderosi di migrare dall'anonimato alla fama, e da una vita lavorativa senza speranze al bel mondo di attori, veline e calciatori. Non tutti, però, seguivano il ''Grande Fratello'' sperando di finire nella Casa. Ai più bastava spiare [...]. Avevo spiato anch'io, e quel che avevo visto non mi era piaciuto: non mi riferivo ai concorrenti, ma alla mia immagine riflessa nello schermo della televisione. All'improvviso mi ero visto come un [[secondino]], un controllore o, contando che si poteva contribuire ad eliminare i concorrenti tramite un'onerosa telefonata, un giovane [[boia]] a metà dell'apprendistato. Chiudere delle persone in uno spazio limitato, sottoporle a prove e non perderle mai di vista non era forse un'attività di routine, nelle [[Prigione|carceri]]? Cos'eravamo diventati, per divertirci a vedere gli altri — quelli stessi che ci eravamo disabituati a salutare per la strada — chiusi in una galera televisiva, e scommettere sulle loro reazioni? Inutile domandare in giro: la gente era troppo occupata a domandarsi se le privazioni inflitte agli inquilini della Casa fossero dure come sembravano in video o se invece, ogni tanto, qualcuno allungava di nascosto ai ragazzi un wafer o una sigaretta. Si discuteva se il carcere fosse carino o no, non se fosse giusto spiare chi ci stava dentro. Per seguire le evoluzioni dei detenuti volontari, o forse in segno di solidarietà, si autocarceravano un po' tutti, ciascuno davanti al proprio televisore [...]. (cap. ''Il ritorno del Silvio'', pp. 167-168)
*Cosa ne sapeva, l'80% degli italiani che s'informava esclusivamente attraverso la televisione, delle lotte al coltello all'interno dei partiti, dell'inquietudine che, in [[Vaticano]], accompagnava gli ultimi mesi di passione di papa [[Wojtyla]], o delle segrete manovre ordite per infangare [[Romano Prodi|Prodi]] e [[Piero Fassino|Fassino]] nell'ambito del caso-bufala Telekom Serbia? Ne percepivano solo un'eco lontana, dottamente analizzata dai [[telegiornali]] e da [[Bruno Vespa]], celebrata dalle consegne dei Tapiri d'oro e oscurata senza pietà dai veri appuntamenti irrinunciabili della vita nazionale: i quiz di [[Pupo]], ''La vita in diretta'', e una quantità di altri programmi che non si capiva più se fossero della [[Rai]] o di [[Mediaset]]. Anche gli [[Omicidio|omicidi]] li tenevano molto occupati, almeno quelli graditi alla televisione. Non tutti, infatti, risultavano popolari come il giallo di Cogne. Si parlò pochissimo, ad esempio, della fine senza un perché de diciottenne Federico Aldrovandi, pestato a morte su un marciapiede di [[Ferrara]] durante un controllo di polizia. Ci sarebbero voluti il delitto di [[Perugia]] e quello di Garlasco, per consentire alla patria informazione di scatenarsi a piacimento: quelli sì che erano omicidi interessanti, con belle ragazze coinvolte e tanta tanta morbosità da riversare sui dettagli delle indagini. Mica ci si scaldava più con poco. Ormai al pubblico non bastava un poliziotto che spara attraverso l'autostrada, o un nero ammazzato di botte sulla pubblica via. Quelli erano casi estremi, sgradevoli, inadatti ai format; il pubblico a casa voleva soprattutto immedesimarsi, foss'anche nei delitti, e ne pretendeva di sempre più complessi, pruriginosi e — a loro modo — pop: i più richiesti avevano al centro i segreti di una giovane coppia, e possibilmente dovevano accadere in una casa normale ma ariosa, come quella del ''[[Grande Fratello (programma televisivo)|Grande Fratello]]'', che [[Porta a Porta|gli attrezzisti di Vespa]] potessero ricostruire senza troppe difficoltà. (cap. ''Il ritorno del Silvio'', pp. 180-181)