C. S. Lewis: differenze tra le versioni

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*La «musica» era una cosa, la «la musica [[Richard Wagner|wagneriana]]» un'altra, e non c'era nulla che le ravvicinasse; non si trattava di un nuovo piacere ma di un piacere di nuovo genere, ammesso che «piacere» sia la parola giusta, anziché turbamento, estasi, sbigottimento, «un conflitto di sensazioni senza nome». (p. 60)
*Nel libro di devozioni ci è prescritto di «ringraziare Dio per la Sua grande gloria», come se gli dovessimo grazie più perché necessariamente quello che è, che per altri particolari benefici; ed è proprio quello che facciamo, e conoscere Dio è conoscere ciò. (p. 61)
*{{NDR|Parlando delle abitudini di pederastia della scuola privata di Wyvern}} Le donnine svolgevano una funzione importante nel fare della scuola (secondo il suo scopo dichiarato) una preparazione alla vita pubblica. Non erano come schiavi, perché i loro favori venivano (quasi sempre) sollecitati, mai estorti con la forza. Né erano esattamente come prostitute, perché i loro legami erano spesso fissi e, lungi dall'essere esclusivamente basati sui sensi, erano altamente sentimentalizzati. E neppure venivano pagate (in denaro, intendo) per i loro servigi; anche se, naturalmente, fruivano largamente dell'adulazione, dell'influenza sotterranea, del favore e dei privilegi di cui le amanti dei grandi hanno sempre goduto in seno alla società adulta. Ecco dove saltava fuori la Preparazione alla Vita Pubblica. (p. 68)
*La mia innata goffaggine, aggiunta alla mancanza di allenamento di cui {{NDR|la scuola di}} Belsen era responsabile, mi aveva tolto per sempre ogni possibilità di giocare abbastanza bene da divertire me stesso, per non parlare degli altri giocatori. Accettavo gli [[sport]] (come molti ragazzi) come uno dei mali inevitabili della vita, paragonabile alla tassa sul reddito e al dentista. (p. 70)
*Nessun sostenitore delle scuole private mi crederà quando dico che ero stanco. Ma lo ero: stanco come un cane, come una rozza, stanco (quasi) come un ragazzo di fabbrica [...] Nonostante fossi grande e grosso, mi sentivo esausto. Il lavoro di classe andava quasi oltre le mie forze. Avevo allora anche dei problemi con i denti, e passai molte notti di insopportabile dolore. Mai, tranne che in trincea (e neanche lì sempre) ricordi di aver provato lo stesso dolore e la stessa continua stanchezza di Wyvern. Oh le giornate inesorabili, l'orrore del risveglio, l'interminabile deserto delle ore che ti separano dall'ora del sonno! E ricordate che [...] una giornata di scuola non lascia quasi tempo libero a un ragazzo che non ama gli sport. Per lui, passare dalla classe al campo di gioco significa semplicemente passare da un lavoro di un certo interesse ad un altro di nessun interesse, in cui se si fallisce si viene puniti più severamente, e (ciò che è peggio) per il quale si deve fingere interesse. (p. 74)
*La verità è che, ai miei tempi, gli sport organizzati e obbligatori avevano quasi completamente bandito dalla vita scolastica l'elemento giocoso. Non c'era tempo per giocare (nel senso vero e proprio della parola). La rivalità era troppo accesa, il premio troppo allettante, l'«inferno dell'insuccesso» troppo duro. (p. 75)
*Nel momento in cui il buon gusto prende coscienza di sé, parte della sua bontà va perduta. Anche allora, però, non è necessario scendere il gradino successivo e disprezzare i «filistei» che non lo condividono. (p. 79)
*Negli ultimi trent'anni, l'Inghilterra è stata invasa da un'''intellighenzia'' amara, brutale, scettica, irriverente e cinica. Molti dei suoi membri hanno studiato in scuole private, e pochissimi, ritengo, le hanno apprezzate. Coloro che difendono le scuole diranno naturalmente che questi vanesi rappresentano i casi che il sistema non è riuscito a curare; che i calci, le beffe, le imposizioni, le bastonature e le umiliazioni ricevute non erano sufficienti. Ma non è altrettanto possibile che essi siano il prodotto del sistema? Che al loro arrivo nella scuola non fossero ancora pedanti, e che lo siano diventati durante il primo anno, esattamente come me? Si tratterebbe, in effetti, di un risultato più che naturale. Quando non spezza lo spirito, una volta per tutte, l'oppressione non tende forse naturalmente a produrre per ritorsione, orgoglio o disprezzo? Degli schiaffi e delle fatiche ci si ripaga di solito raddoppiando la stima che abbiamo per noi stessi. Di solito, nessuno è più arrogante di uno schiavo liberato da poco. (p. 81)
*{{NDR|Parlando della pederastia diffusa nelle scuole private britanniche di inizio Novecento}} Sull'argomento c'è molta ipocrisia. Per la gente, di solito, non esiste male peggiore di questo. Ma perché? Perché chi di noi non condivide il vizio avverte per esso una certa repulsione, la stessa, per esempio, che noi avvertiamo per la necrofilia? La cosa ha, secondo me, scarsa importanza morale. Perché genera una perversione permanente? Ma esistono pochissime prove in proposito. [...] Per ragioni di cristianesimo, allora? Ma quanti di coloro che tuonano sull'argomento sono realmente cristiani? [...] Noi condanniamo questo vizio non perché sia il peggiore, ma perché, dal punto di vista degli adulti, è il più ignominioso e innominabile, e la legge, inglese, tra l'altro, lo considera un crimine. Il mondo ci apre solo le porte dell'inferno; la [[sodomia]], invece, può aprirci quelle della prigione e creare scandalo, e farci perdere l'impiego. Cosa che il mondo, per essere giusti, non fa che raramente. (p. 82)
*Allora, un ragazzo dedito agli studi classici ufficialmente non faceva quasi altro. Trovo la cosa indovinata; il più grande servizio che oggi si possa rendere all'istruzione è di ridurre il numero della materie. Nessuno ha il tempo di far bene molte cose prima di vent'anni, e costringendo un ragazzo a essere mediocre in una decina di materie ne distruggiamo le possibilità forse per sempre. (pp. 84-85)
*È vero che quando la vita di un pessimista si trova in pericolo egli si comporta come tutti gli altri; il suo istinto di conservazione è più forte della sua convinzione che non valga la pena di vivere. Ma che cosa prova che la convinzione sia falsa o erronea? Che un uomo dichiari che il whisky gli fa male non viene invalidato dal fatto che con la bottiglia a portata di mano il suo desiderio è più forte della ragione e le soccombe. Avendo gustato una volta la vita, siamo soggetti all'istinto di conservazione. Alla vita, in altre parole, ci si assuefà come alla cocaina. E allora? Se per me la creazione continua a essere una grande ingiustizia, quest'istinto non fa che rendere l'ingiustizia ancora più grave. Se non è bello essere costretti a bere la posizione, il fatto che la pozione si riveli una droga non rimette a posto le cose. Non è questa la risposta al pessimismo. (pp. 86-87)
*Alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista e (apertamente) al mio arrivo alla facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. [[J. R. R. Tolkien|Tolkien]] era l'uno e l'altro. (p. 158)
*Nell'[[introspezione]] si cerca di guardare «dentro se stessi» e di vedere che cosa succede. Ma quasi tutto quello che accadeva un istante prima viene bloccato nel momento stesso in cui ci voltiamo a osservarlo. Sfortunatamente, questo non vuol dire che l'introspezione non trovi nulla. Al contrario, trova esattamente quello che la sospensione di tutte le nostre normali attività si lascia dietro; e ciò che si lascia dietro sono principalmente immagini mentali e sensazioni fisiche. Il grande errore consiste nello scambiare questo semplice sedimento o traccia o sottoprodotto per le attività stesse. (p. 159)