Mario Praz: differenze tra le versioni

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*L'opera del [[John Ford (drammaturgo)|Ford]] [...] è tipica della fase conclusiva del dramma elisabettiano. Tratta gli stessi motivi sensazionali cari ai tragici precedenti, ma con un distacco morale, una economicità di stile, un'assenza d'enfasi, che dichiarano giunto il limite di saturazione. (cap. IX, p. 216)
*Sfrondate dei mal pertinenti intrecci comici secondari, le tragedie del Ford potrebbero reggere al paragone col teatro greco. Ma i suoi drammi non hanno compatta atmosfera tragica: intrecci secondari, personaggi comici dissipano ogni possibilità di concentrazione: in Ford il dramma elisabettiano giunge alla fase di frattura, si disgrega nei suoi componenti: un a solo tragico suona stonato in mezzo a un incrociarsi di note di opera buffa. Questa è la reale impressione, assai insoddisfacente, che lascia la lettura di quei drammi. (cap. IX, p. 217)
*Illuminato da un'esperienza mistica, il [[Henry Vaughan|Vaughan]] decise di passare il resto dei suoi giorni nell'assistenza dei malati e nella contemplazione dei misteri divini, vicino alla natura che, come nei giorni della sua infanzia, poteva rivelargli «ombre dell'eternità». (cap. XI, p. 244)
*{{NDR|[[George Etherege]]}} [...] uno dei più noti ''rakes''<ref>libertini.</ref>, che non riusciva a prendere troppo sul serio né le funzioni di diplomatico, né l'arte dello scrittore; e codesta leggerezza d'impegno, facendogli mettere in non cale ogni teoria, gli consentì di riprodurre sulle scene la vita {{sic|cotidiana}} intorno a lui, con una spontaneità di dialogo che più che all'esempio di Molière era dovuta all'acume d'osservazione dell'autore stesso [...]. (cap. XIII, p. 281)
*Si cercherebbero invano nella commedia, prima di Etherege tratti d'ironia involuta e indiretta, complessità di distinzioni di punti di vista, gioco intellettuale di astrazioni, quegli elementi insomma che dovevan dare il suo peculiare colorito al genere comico della Restaurazione. (cap. XIII, p. 281)