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*{{NDR|Criticando la lentezza della democrazia}} Noi ce ne stiamo qui seduti a non far nulla: ma quando si giace nell'ozio non si può pregare nemmeno un amico di agire in vece nostra, e tanto meno gli dei. Né c'è da stupirsi se lui {{NDR|[[Filippo II di Macedonia]]}}, che di persona prende parte alle campagne e alle fatiche della guerra ed è sempre presente dappertutto, che non trascura mai occasioni propizie, in nessuna stagione dell'anno, riesce a prevalere su di noi, che passiamo il nostro tempo votando decreti e aspettando notizie. (''Seconda Olintiaca'', 23<ref name=":1">Citato in [[Luciano Canfora]], ''Storia della Letteratura Greca'', Laterza, p. 386. ISBN 88-421-0205-9</ref>)
*Sapete certamente che la ragione principale è successo di [[Filippo II di Macedonia|Filippo]] è sempre consistita nell'arrivare per primo: con un esercito sul piede di guerra sempre pronto e sapendo bene quello che vuole, piomba a sorpresa addosso a quelli che ha deciso di colpire; mentre noi, solo quando abbiamo saputo che sta succedendo qualcosa solo allora ci mettiamo in agitazione e cominciamo a prepararci. (''Sul Chersoneso'', 11<ref name=":1" />)
*Un tempo gli uomini di stato si mostravano cosf semplici nella vita privata e i loro costumi erano così conformi al carattere della nostra città che se qualcuno di voi potesse vedere la casa di Aristide o di Milziade
 
o di altri cittadini illustri di quei tempi, non la troverebbe pif adorna di quella del suo vicino. Essi infatti non miravano ad arricchire trattando gli affari pubblici [...] Leali verso i greci, pii verso gli dei, rispettosi dell'eguaglianza nella città, ci procurarono, come ci si doveva aspettare, una grande prosperità [...] Oggi, mi si dirà, i nostri affari non sono brillanti ma in città si è fatto di meglio. Ma cosa mi si può effettivamente citare? I parapetti degli spalti lastricati a nuovo, le strade e le fontane ristrutturate, tante cose da niente [...] Ma rivolgete la vostra attenzione agli uomini che hanno fatto questa politica: gli uni sono passati dall'indigenza alla ricchezza, gli altri dall'oscurità agli onori, alcuni si sono costruiti case più
imponenti degli edifici pubblici e, nella misura che la fortuna della città declinava, la loro si ingrandiva. (''III Olintica 26 e 29'')<ref>Citato da [[Domenico De Masi]], ''Il lavoro nel XIX secolo''. Einaudi 2018 ISBN 978-88-06-22846-0 p. 226</ref>
;[[Plutarco]], ''Vita di Demostene''
*{{NDR|Ogniqualvolta [[Focione]] saliva alla tribuna per controbattere le sue affermazioni}} Si alza l'ascia dei miei discorsi<ref>Plutarco riporta questa citazione anche in altre due opere: ''Vita di Focione'' (5, 9) e ''Praecepta gerendae reipublicae'' (803 E).</ref>. (10, 4)