Harry Sidebottom: differenze tra le versioni

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''Alessandro, Augusto, Grande Madre: vegliate sul vostro eletto, vegliate sul trono dei Cesari.''<br>
Suoni, come lo squittio di pipistrelli disturbati, al di là del piccolo santuario degli dèi domestici, al di là delle pesanti cortine di seta, interruppero le sue preghiere. Da qualche parte, negli ultimi recessi del labirinto di corridoi e spazi recintati e ombreggiati di viola, giunse lo schianto di qualcosa che si rompeva. Tutti gli attendenti imperiali erano sciocchi. Sciocchi maldestri e codardi. I soldati si erano già ammutinati in precedenza. Al pari di quei disordini, si sarebbe risolto anche questo, e a quel punto i membri del seguito che avevano abbandonato i propri doveri o approfittato del putiferio avrebbe sofferto. Se uno schiavo o un liberto aveva rubato, gli sarebbero stati recisi i tendini delle mani. In quel modo non avrebbe potuto rifarlo. Sarebbe servito da lezione. Alla ''familia Caesaris'' serviva costante disciplina.
 
====''Il prezzo del potere''====
''Roma. Palatino. Il giorno prima delle None di marzo, 238 d.C.''
 
Era ancora buio. Al prefetto pretoriano piaceva passeggiare nei giardini imperiali prima dell'alba. Nessun assistente lo accompagnava e non portava con sé alcuna torcia. Era un momento di quiete e solitudine, un momento dedicato alla riflessione, prima dei doveri del giorno, i doveri che sembravano allungarsi come un viaggio seccante senza fine apparente.<br>
Vitaliano pensava spesso di ritirarsi, di vivere in tranquillità in campagna con moglie e figlie. Immaginò la casa in Etruria. La Via Aurelia e l'operosa cittadina commerciale di Telamone erano a solo un paio di miglia al di là della collina, ma era come se appartenessero a un paese o un'epoca diversi. La villa, situata tra a costa e i pendii a terrazza, si affacciava sul mare. Era stato suo nonno a costruirla. Vitaliano aveva fatto aggiungere due nuove ali e una stanza da bagno. La tenuta adesso si estendeva nell'entroterra lungo entrambe le sponde dell'Umbro. Era ideale per la pensione, per leggere e scrivere, apprezzare il panorama, passare il tempo con sua moglie e godersi la compagnia delle figlie negli anni che restavano prima che si sposassero. Nessun luogo era più adatto per mettere da parte le preoccupazioni del lavoro.<br>
Vitaliano si era guadagnato senz'altro il tempo del riposo. La sua carriera era stata lunga: comandante di una coorte ausiliaria in Britannia, tribuno legionario della Terza Augusta in Africa, prefetto di un'unità di cavalleria in Germania, procuratore delle finanze imperiali in Cirenaica, quattro anni con la cavalleria mauritana che aveva condotto attraverso la campagna orientale e poi sul Reno. Decenni di servizio, in lungo e largo per l'impero. Non era più giovane: aveva più di cinquant'anni e bisogno di riposare. Ma il dovere chiamava ancora e l'aumento del suo patrimonio non era stato ottenuto a poco prezzo. Bastavano ancora tre o quattro anni di stipendio e altri guadagni come prefetto pretoriano e avrebbe potuto dire basta.
 
====''Il fuoco e la spada''====
''Africa. La città di Cartagine<br>
Otto giorni prima delle Calende di aprile, 238 d.C.''
 
«Deponete le armi!».<br>
Parlando, Capeliano si voltò sulla sella ed esaminò il nemico. Su entrambi i fianchi le leve avversarie fuggivano sotto l'acquedotto, precipitandosi tra le tombe verso l'illusoria sicurezza delle mura di Cartagine. I suoi ausiliari invece, abbandonata qualsiasi disciplina, le inseguivano colpendole alle spalle inermi. Lì al centro, metà dei regolari nemici aveva deposto armi e vessilli e tendeva le mani in gesto di supplica. Solo un migliaio ancora gli si opponeva: la corte urbana e i giovani che costituivano la posticcia Guardia Pretoriana dei due usurpatori. Bastava convincerli e disarmarli e la vittoria sarebbe stata completa. L'Africa sarebbe tornata a Massimino e la rivolta dei Gordiani soffocata. Non una semplice battaglia, ma un massacro.<br>
«Deponete le armi, compagni. La vostra lotta è finita».<br>
Degli occhi spaventati lo fissarono oltre il muro di scudi a pochi passi di distanza. Erano sovrastati in ragione di due a uno. Questi pretoriani addestrati sul posto non erano veri soldati. Non c'era traccia del giovane Gordiano.<br>
«Il vostro falso imperatore è fuggito. Coloro che vi hanno fuorviati sono fuggiti. Nessun ufficiale a cavallo è rimasto sotto i vostri stendardi».<br>
Ma il nemico ancora non si muoveva.<br>
«Rompete il vostro giuramento militare. Siete stati ingannati. La clemenza del vostro vero imperatore Massimino è infinita. Io sono misericordioso. Non ci sarà alcuna rappresaglia».<br>
Un movimento tra le file avversarie. Un uomo alto e massiccio si fece largo verso la prima linea. Era a capo scoperto.<br>
Capeliano comprese il suo errore. Il suo rivale non era fuggito.<br>
Gordiano il Giovane si fece avanti, come una terribile e marziale apparizione.<br>
Il frastuono del massacro era lontano. In quell'inquietante silenzio, lì nell'occhio del ciclone, Gordiano urlò:<br>
«Resteremo uniti fino alla fine!».
 
====''Ombre e sangue'' (2.5)====
''Cartagine, dieci giorni dopo le Idi di marzo, 238 d.C.''
 
Faraxen era disteso sul tetto del magazzino. L'odore del pesce dai laghetti e dai capanni di eviscerazione gli saturava le narici.<br>
Insieme a lui c'erano un altro centurione e Maurizio, il comandante della cavalleria. Avevano lasciato gli elmi di sotto, dove aspettavano gli altri ufficiali, e si erano avvolti in mantelli col cappuccio di colore sbiadito come i muri di fango del comprensorio. Il tetto era piatto e aveva un bordo sollevato. Se non facevano movimenti bruschi, i tre uomini erano quasi invisibili da lontano.<br>
A sed-est, a sinistra, oltre l'acquedotto c'era la necropoli e al di là delle tombe si ergevano le porte e le mura di Cartagine. Gli alti bastioni erano gremiti di spettatori. Era una folla chiassosa, come a una festività. Musicanti e venditori di cibo si facevano largo in mezzo alla gente. Gli abitanti della città erano degli sciocchi, pensò Faraxen. Sciocchi perché consideravano l'imminente battaglia come se non fosse altro che uno spettacolo, una rappresentazione come tante all'anfiteatro o al circo, una sorta di intrattenimento organizzato per il loro svago. Menti e corpi erano stati corrotti da pace e sicurezza, dal lusso e dal vizio di quella città. Se quel giorno i Gordiani avessero perso, il popolo di Cartagine avrebbe scoperto che la guerra era ben più di uno spettacolo.<br>
Dritto davanti a sé, la piana di fronte al guazzabuglio di muri ed edifici attorno ai laghi di pesca era vuota. Il fianco destro dell'esercito era distante circa trecento passi. Il corpo principale, una solida falange di fanteria, si estendeva parallela all'acquedotto, rivolta a ovest. L'ala sinistra era ancorata alla villa di Sesto, più a sud.<br>
Oltre ottomila uomini, altri duemila armati di archi e fionde in prima linea. Una vista impressionante per chi non conosceva la guerra.
 
====''Segreti e bugie'' (3.5)====
A nord di Roma, poco dopo Ponte Milvio, la strada si biforcava. Con la città alle loro spalle, la Via Flaminia attraversava un paesaggio scandito dalle tenute di grandi ville. Sulla destra, le pecore pascolavano su prati ricchi d'acqua. Nei punti cui facevano capolino tra un bordo di salici, le acque del Tevere erano verdi e placide. C'erano anatre che volavano sul fiume.<br>
Giulio Burdone osservava la scena pastorale senza però distogliere del tutto l'attenzione dal suo compagno di viaggio. Aveva superato la cinquantina e un ''frumentarius'' non viveva tanto a lungo se si abbandonava con la mente a oziose fantasie. Non quanto era in missione.<br>
Il sicario Castricio sedeva in silenzio, guardando il nulla, immerso in se stesso. Aveva il braccio sinistro fasciato e stringeva in grembo uno zaino di tela.<br>
Burdone si sistemò la cintura della spada. Gli affondava nella pancia. Si era appesantito con l'età. Era stanco. I suoi sogni non erano stati propizi. La notte prima aveva sognato di essere di nuovo giovane, nella fattoria di suo padre in Pannonia, presso il Danubio. Una nidiata di quaglie aveva attraversato il fango del cortile. Era un brutto segno. Le quaglie significavano cattive notizie da oltremare. Da oltremare perché provenivano dall'estero, brutte perché gli uccelli sono bellicosi ma pusillanimi. Nel caso di collaborazioni professionali, matrimoni e transazioni finanziarie, sono simboli di discordia e contesa. E sono infausti nel caso di viaggi all'estero. Poiché indicano trappole, insidie, imboscate.<br>
Castricio si mosse impercettibilmente, tastandosi la fasciatura. Burdone si irrigidì e fece scivolare la mano verso l'elsa. Castricio posò lo zaino accanto a sé sul sedile, tornò ad appoggiare la testa ai cuscini e chiuse gli occhi. Burdone non si rilassò subito.
 
===''L'ultimo giorno dell'impero''===
''Mausoleo di Adriano<br>
Il giorno prima delle calende di aprile''
 
«L'ultima ora».
Il moribondo giaceva a terra, appoggiato al muro, con le mani premute sulla ferita al ventre.<br>
Balista si chinò su di lui. «L'ultima ora di cosa?»<br>
«Domani. L'ultima ora del giorno. Uccideranno l'imperatore quando lascerà il Colosseo».<br>
Un rumore giunse da qualche parte sotto di loro, nelle profondità della tomba.<br>
Balista andò alla porta, scavalcando con cautela i due cadaveri.<br>
Suono di stivali, suole chiodate sulla pietra, sferragliare di armi. Uomini armati all'entrata del mausoleo. Erano numerosi. Stavano salendo su per le scale.<br>
Balista tornò nella stanza.<br>
«Aiutami», disse l'uomo ferito.<br>
Balista lo schiaffeggiò. «Chi?»<br>
«Non l'hanno detto».<br>
Balista lo colpì di nuovo.<br>
«Per favore. Non lo so».<br>
Balista gli credette.<br>
«Non lasciarmi qui».<br>
Balista aveva ucciso i due sicari quando aveva fatto irruzione dalla porta, ma era stato troppo tardi per salvare l'informatore. Tuttavia aveva scoperto l'ora e il luogo.<br>
«Per favore».<br>
La missione non era fallita, non se Balista fosse riuscito a fuggire. Si alzò.<br>
«Mi uccideranno».<br>
Balista andò alla porta. I rumori erano più vicini.<br>
«Non puoi lasciarmi».<br>
Non c'era modo di scendere. Doveva salire. Balista girò a sinistra e prese le scale due gradini alla volta.<br>
«Bastardo di un barbaro!».<br>
Balista salì come un forsennato.<br>
«Bastardo!».
 
===''Gli ultimi eroi di Roma''===
''Castello del silenzio''
 
Nessuno aveva mai fatto ritorno dal Castello del silenzio.<br>
La torre oscura, con le sue alte mura esterne, sorgeva su una stretta rupe tra i monte Elburz. La remote prigione-fortezza era inespugnabile. Non si sapeva più nulla dei prigionieri che ne varcavano le porte. Perfino fare i loro nomi era un reato capitale. I greci lo chiamavano il Luogo dell'Oblio.<br>
Barbad l'eunuco osservava l'orribile scena. Dapprima, sui contrafforti montuosi, avevano viaggiato attraverso boschi di faggi e querce. Cervi brucavano nelle radure. Il convoglio aveva diviso la strada con i pastori che guidavano il bestiame verso gli alti pascoli sotto il sole di primavera. Adesso si trovavano in un mondo diverso. Gli unici alberi erano rachitici ginepri, le sole creature viventi gli avvoltoi incuranti dei venti gelidi, che sferzavano i frastagliati precipizi grigi. In lontananza, le vette più alte mostravano ancora un cappuccio nevoso.<br>
Barbad si rimise a sedere e lasciò ricadere la cortina sull'apertura del carro. Il freddo gli mordeva la pelle avvizzita, gli faceva dolere le vecchie ossa. Lanciò un'occhiata al principe Sasan. Il ragazzo sedeva con la schiena dritta e immobile. I suoi occhi scuri non tradivano alcuna emozione. Barbad era fiero di lui. Il giovane era stato cresciuto per cavalcare, tirare con l'arco e aborrire la Menzogna scura dell'infedeltà. Niente l'aveva preparato a questo. Non era colpa sua. Nessuno avrebbe dovuto biasimare suo padre. Il principe Papak non era stato un senza fede. Barbad conosceva la verità. Barbad era stato presente, aveva visto tutto con i suoi occhi.
 
===''Il ritorno del centurione''===
''609 Ab Urbe Condita (145 a.C.)
 
Solo un pazzo o un uomo stanco di vivere si sarebbe avventura da solo nella foresta della Sila.<br>
Paolo fece fermare i muli. Il terreno lì era ancora pianeggiante. Il grano era quasi pronto per la mietitura, solo qualche punta di verde macchiava ancora le spighe dorate. I campi si stendevano a perdita d'occhio. Nessuna minaccia in agguato. Se non quella che aveva di fronte.<br>
Legò i muli uno dietro l'altro, lasciando le redini a terra. Erano animali ubbidienti, nono sarebbero scappati via a meno che qualcosa non li avesse spaventati. Paolo scrutò attentamente il paesaggio che aveva intorno. Una brezza gentile faceva ondulare con dolcezza le spighe. Era l'unico movimento che riusciva a scorgere. Non un solo uccello solcava il cielo. Sotto il sole di un torrido mezzogiorno, tutto sembrava sonnecchiare placidamente.<br>
Paolo controllò il carico del primo mulo. Gran parte del bottino era lì, coperto con cura per non dare nell'occhio. Quando fu soddisfatto, passò all'altra bestia. A parte pochi oggetti preziosi, ben nascosti, questo mulo trasportava il bagaglio abituale: qualcosa da mangiare e da bere, abiti di ricambio, lo scudo nella custodia da viaggio in pelle legato a un fianco dell'animale, e i suoi giavellotti (un ''pilum'' leggero e uno pesante) avvolti in teli sull'altro fianco. Il carico si era spostato troppo in avanti.
 
==Bibliografia==
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*Harry Sidebottom, ''Il guerriero di Roma. Il re dei re'', traduzione di Susanna Scrivo, Newton Compton, 2010. ISBN 978-88-541-1657-3
*Harry Sidebottom, ''Il guerriero di Roma. Sole bianco'', traduzione di Elisabetta Bertozzi, Newton Compton, 2011. ISBN 978-88-541-2815-6
*Harry Sidebottom, ''Il guerriero di Roma. Il silenzio della spada'', traduzione di Giampiero Cara, Roma, Newton Compton, 2012. ISBN 978-88-541-3968-8
*Harry Sidebottom, ''Il guerriero di Roma. La battaglia dei lupi'', traduzione di Rosa Prencipe, Roma, Newton Compton, 2014. ISBN 978-88-541-6034-7
*Harry Sidebottom, ''Il guerriero di Roma. Il trionfo dell'impero'', traduzione di Rosa Prencipe e Francesca Noto, Roma, Newton Compton, 2017. ISBN 978-88-227-1139-7
*Harry Sidebottom, ''Il trono di Cesare. Il Combatti per il potere'', traduzione di Rosa Prencipe, Roma, Newton Compton, 2014. ISBN ISBN 978-88-541-6934-0
*Harry Sidebottom, ''Il trono di Cesare. Il prezzo del potere'', traduzione di Rosa Prencipe, Newton Compton, 2015. ISBN 978-88-227-0526-6
*Harry Sidebottom, ''Il trono di Cesare. Il fuoco e la spada'', traduzione di Lucilla Rodinò, Newton Compton, 2017. ISBN 978-88-227-0068-1
*Harry Sidebottom, ''Il trono di Cesare. Ombre e sangue'', traduzione di Rosa Prencipe, Newton Compton, 2016. ISBN 978-88-227-0526-6
*Harry Sidebottom, ''Il trono di Cesare. Segreti e bugie'', traduzione di Rosa Prencipe, Newton Compton, 2017. ISBN 978-88-227-0272-2
*Harry Sidebottom, ''L'ultimo giorno dell'impero'', traduzione di Rosa Prencipe, Newton Compton, 2018. ISBN 978-88-227-1949-2
*Harry Sidebottom, ''Gli ultimi eroi di Roma'', traduzione di Rosa Prencipe, Newton Compton, 2019. ISBN 978-88-227-3038-1
*Harry Sidebottom, ''Il ritorno del centurione'', traduzione di Vittorio Ambrosio, Newton Compton, 2020. ISBN 978-88-227-4064-9
 
==Note==