Michele Anselmi: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Michele Anselmi==
{{cronologico}}
*{{NDR|Su ''[[Frankenstein di Mary Shelley]]''}} Sulla falsariga del ''[[Dracula di Bram Stoker]]'', l'inglese Branagh ha portato il suo carisma di attore e regista di scuola shakespeariana in questa impresa da 35 milioni di dollari rivelatasi una mezzo fallimento al botteghino. Troppo ambizioso? No, magari solo irrisolto, non possedendo il cineasta britannico né il talento visionario di un Coppola né la fantasia cupa di un Neil Jordan.<ref name="megliokarloff">Da ''[https://archivio.unita.news/assets/main/1995/02/10/page_035.pdf Filologia di Frankenstein (ma era meglio Karloff)]'', ''L'Unità'', 10 febbraio 1995.</ref>
*''Frankenstein di Mary Shelley'' non regge assolutamente il confronto con il ''[[Dracula di Bram Stoker]]'', nel reinventare lo spirito del racconto, umanizzando il mostro, Branagh pecca di narcisismo e di megalomania, senza riuscire a imporre una sua cifra personale. È come se urlasse al suo film «Parla!», e quello restasse muto.<ref name="megliokarloff"/>
*{{NDR|Su ''[[Sidney]]''}} Spira un'aria crepuscolare, vagamente alla Saint Jack di Bogdanovich, in questo film fragile ma non brutto che ha per tema il il senso di colpa. Pur piazzando nel cast il nero Samuel L. Jackson, l'attore-feticcio di Pulp Fiction (qui fa il ricattatore parolacciaro), il ventottenne regista non "tarantineggia" e si allontana anzi dalla rappresentazione della violenza oggi alla moda. Sydney è infatti un film pieno di tempi morti, primi piani, camminate tra le slot-machines, frammenti di dialogo (che il modello sia California Poker?). Ma non manca di suggestione, laddove gioca a spiazzare lo spettatore, lasciandolo nel dubbio, con un sovrappiù di ambiguità, sulle intenzioni di Sydney.<ref>Da ''l'Unità'', 22 giugno 1997; citato in [http://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/sydney/35003/ ''Sydney''], ''cinematografo.it''.</ref>
*{{NDR|Su ''[[Swingers]]''}} Scritto e interpretato da Jon Favreau, all'insegna di un tenero autobiografismo, il film può essere apprezzato anche da chi non conosce i locali prediletti della cosiddetta "cocktail generation" losangelina. Le canzoni di Sinatra e Dean Martin fanno da amabile contrappunto rétro alle disavventure sentimentali di Mike, un comico newyorkese sbarcato a Hollywood per dimenticare la ragazza che lo mollò su due piedi. Partendo da un'osservazione acuta della realtà che li circonda, Liman e Favreau colgono tic, mode e fissazioni di quella società scalcinata che gravita attorno al mondo dello spettacolo. [...] Girato a basso costo, utilizzando una cinepresa superleggera, Swingers rovista nell'ambiente degli attori squattrinati con l'aria di "rubare" dalla vita battute e sketch. Ma dietro la naturalezza esibita dagli interpreti c'è un copione rifinito fino all'ultima virgola.<ref>Da ''l'Unità'', 21 agosto 1997; citato in [http://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/swingers/35083/ ''Swingers''], ''cinematografo.it''.</ref>