Domenico Tumiati: differenze tra le versioni

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*{{NDR|L'[[Acrocorinto]]}} Tutte le epoche della storia e della guerra, lasciarono qui le loro orme, come in una selva millenaria si accumulano i detriti di tutte le generazioni arboree.<br>Tra frantumi di marmi e cespi di rovi e di asfodeli, e costeggiando l'estrema cerchia delle mura che corona i fianchi precipiti dell'Acro, si giunge alla vetta, presso l'ultima torre, e di là lo spettacolo che si stende allo sguardo, è ricompensa ben superiore alla fatica. Il vento che batte da ogni parte L'Acro, impedisce di ammirare con agio ed a lungo; ma anche afferrata così, tra i colpi del vento e la sferza del sole, la vista è meravigliosa. Siamo sulla spina dorsale dell'[[Istmo di Corinto|Istmo]]: ai due lati, giù in fondo, come due specchi azzurri, si scorgono i due mari, {{sic|il}} Jonio e l'Egeo, con le isole. Alle mie spalle, ondulando deliziosamente verso il seno saronico, fuggono le montagne dell'Argolide, e dietro ad esse si ergono le catene di Arcadia; alta su tutte Cillene, coperta di nevi. Di fronte a me, oltre la breve penisola di Paracora, che si spinge come una prora nel mare, dileguano nell'azzurro le montagne della Focide, della Beozia, della Megaride, su cui regna la vetta candida del {{sic|Parnasso}}, solenne e misteriosa. Sono in mezzo alle vette sacre del mondo antico, e quasi per porre il colmo ai miei sogni, dalla roccia dell'Acro, ecco sgorgare la fontana di Pirene, ove [[Bellerofonte]] imbrigliò [[Pegaso]], il cavallo alato, nato dal sangue di [[Medusa (mitologia)|Medusa]]. Il ricordo dell'eroe vincitore della [[Chimera]], mi giunge traverso la tredicesima olimpica di [[Pindaro]]:<br>"E a Bellerofonte, che ardeva di domare Pegaso, apparve in sogno [[Atena]], e gli donò un freno con redini d'oro... Si levò allora Bellerofonte, e col freno meraviglioso, imbrigliò il cavallo alato, e si slanciò alla battaglia dall'alto del cielo...<br>Che possiamo desiderare di più, in cima all'Acro? Ogni altro ricordo di uomini e di cose diviene miserabile, di fronte alla triplice immagine piena di tutti i simboli, di Bellerofonte, di Pegaso e della Chimera. (pp. 97-98)
*Vivevamo nel prodigio – e subitamente una nube passò sulla luna. Si era in mezzo al sacro recinto, presso il {{sic|piedestallo}} dell'Athena Promachos, e di fronte a noi, il [[Partenone]] e l'[[Eretteo]], con le colonne e le [[cariatide|{{sic|cariatidi}}]], piombarono improvvisamente nell'ombra; e parve che una musica fosse sospesa.<br>Allora io volsi le spalle alla luna, e mi collocai di fronte alle sei canefore, che sorreggono sulle teste la cornice ionica dell'Eretteo, e attesi sui loro volti e sulle pieghe marmoree delle loro tuniche, il riapparire della luce. Mi pareva di attendere la nascita dell'alba o il preludio di una musica celestiale. Fu prima un soffio di chiarore, un sospiro sulle canestre, tra la cornice e i capelli, poi un sorriso lieve sulle gote, un lampo sul florido seno; e poi, come se una carezza le avvolgesse, a poco a poco le braccia spezzate, i fianchi, le ginocchia, le pieghe dei pepli, si rallegrarono tento di luce, che il silenzio parve interrotto. (pp. 134-135)
*{{NDR|L'[[Auriga di Delfi]]}} [...] dritto nelle pieghe rigide della sua tunica di bronzo, come una incarnazione del silenzio che lo circonda, l'auriga è il silenzio che precede il moto, è l'attimo misterioso che genera i più dall'uno. Il primo istante di un'azione, o meglio la volontà che sta per generarla, è parente un poco di quel misterioso silenzio primordiale, che fu l'alfa del mondo. (pp. 216-217)
 
==Bibliografia==
*Domenico Tumiati, ''La leggenda del Tirreno'', Firenze, Casa Editrice "Nemi".
*Domenico Tumiati, ''Tripolitania'', Milano, Fratelli Treves Editori, 1911.
*Domenico Tumiati, ''Una primavera in Grecia'', Fratelli Treves, Editori, 1907.