Gianni Amelio: differenze tra le versioni

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*Prima di raccontare, osserva; prima di comunicare qualcosa agli altri con immagini e parole, fai in modo che quelle immagini e quelle parole ti suonino familiari; prima di muovere la fantasia, afferra le cose che hai intorno. (da ''Il vizio del cinema'', Einaudi, 1994; citato in Sebastiano Gesù, ''Raccontare i sentimenti. Il cinema di Gianni Amelio'', G. Maimone, 2007)
 
{{IntestazioneInt|''[https://archivio.unita.news/assets/main/1994/12/20/page_035.pdf «Kadarè, torna in Albania»]''|''l'Unità'', a cura di DarioDaniela ZontaSanzone, 2420 agostodicembre 20041994}}
*Sfido [[Ismail Kadare|Kadarè]] a tornare sulle montagne albanesi, a recarsi a Durazzo, a parlare col suo popolo, a vedere la folla che cerca di sbarcare a Bari anche oggi. Gente che farebbe qualsiasi cosa per venire in Italia, persino chiedere che i politici italiani annettano l'Albania al nostro paese.
*Questo signore se invece di abitare a Parigi vivesse in Albania, si renderebbe conto di come il suo Paese si è trasformato in questi anni, e di come continua a cambiare adesso di giorno in giorno. Ha detto delle stupidaggini fragorose, è un trombone, un vate retorico che crede di avere l'esclusiva sull'Albania, per cui solo lui può parlarne. Vada in Albania, ci torni! Lui parla di un posto che non esiste più, come se io parlassi dell'Italia attuale riferendomi alle tradizioni medievali.
*Questo signore è in perfetta malafede quando non nota che in realtà il film {{NDR|''[[Lamerica]]''}} è molto duro verso gli italiani. Allora cosa dovrebbe dire la povera Italia quando io la rappresento attraverso i caratteri dei due protagonisti? Ci sono delle persone che sono talmente cattive nell'anima che non riescono a leggere nient'altro che i propri libri, che avrebbero bisogno di essere rieletti, ma anche di essere riscritti.
*Il mio è un film feroce sull'Italia e pieno d'amore per l'Albania! Se qualche problema può avere l'Albania, forse, è che viene rappresentata all'estero e all'interno da gente che non la stima più, non l'ama più. È chiaro che è difficile accettare che qualcuno ti parli del tuo paese, quello stesso che tu stai raccontando in modo aulico e falso, e con un profondo atto d'amore dica le cose come sono.
 
{{Int|''l'Unità'', a cura di Dario Zonta, 24 agosto 2004}}
*Il tema del rapporto tra generazioni ha sempre avuto, nei miei film, uno sfondo sociale discreto ma importante. ''[[Il ladro di bambini]]'' non è solo la storia di un carabiniere che accompagna il ritratto in filigrana di un'Italia allo sbando. Dietro ''[[Porte aperte]]'' non c'è solo il rovello di un giudice, ma gli interrogativi sul presente e su quanto valga e pesi l'intolleranza nei rapporti civili. E in ''[[Colpire al cuore]]'' il terrorismo mette in atto il tema edipico tra padre e figlio.
*Inconsciamente ho cercato la scusa per uscire dall'[[Italia]]. Così come l'ho cercata, a ben vedere, con ''[[Lamerica]]'' e con ''[[Così ridevano]]'', che erano una fuga dall'Italia per raccontarla a distanza, non avendo il coraggio e la forza di descriverla "a tu per tu", per quanti problemi ha oggi.
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*Gli [[attori]], anche non professionisti e anche i bambini, danno tutto nei primi quattro ciak.
 
{{IntestazioneInt|''Il secolo XIX'', a cura di Silvia Neonato, 3 ottobre 2004}}
*{{NDR|Riferendosi al "vizio del [[cinema]]"}} L'impossibilità di stare senza girare un film. Quella voglia che ti spinge a ricominciare a girare, appena hai finito, dimenticando i problemi e le fatiche del film precedente. Perché fare il regista è un mestiere faticoso persino fisicamente: sul set io non sto un attimo fermo, sposto gli oggetti, seguo gli attori... Devi essere vergine e puttana, per fare il regista. Manageriale e machiavellico. Gestisci tanti rapporti umani, rispondi di tanti soldi investiti e da soggetti diversi, se sgarri sui tempi sono guai, perché i costi aumentano. Eppure, appena hai finito, non vedi l'ora di ricominciare. Come le donne che finiscono per dimenticare i dolori del parto poco dopo che hanno abbracciato il loro bambino. Fare cinema è un piccolo parto. Per quel figlio che metti al mondo sei disposto anche a piegarti ad andare ai festival, a presentarlo in giro.
*Non amo particolarmente i fasti di [[Hollywood]], ma questo non significa che non sia onorato {{NDR|delle candidature all'Oscar}}. Solo che a 59 anni capisci delle altre cose che non a 30 e guai se non fosse così. Io ho capito che il bello del mio lavoro è quando lo faccio. I premi, il pubblico che ti gratifica, gli incassi sono indispensabili a fare un nuovo film. Che è appunto ciò che non vedo l'ora di tornare a fare.