Nadia Fusini: differenze tra le versioni

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Creata pagina con "'''Nadia Fusini''' (1946 – vivente), scrittrice, critica letteraria, traduttrice e accademica italiana. {{Int|Introduzione di ''Frankenstein o il moderno Prometeo|Franken..."
 
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*Una donna per esperienza conosce quel modo della creazione che consiste nel mettere al mondo una creatura generandola dalle proprie viscere. Qui invece a partorire è un maschio e il gesto, osservato dal punto di vista femminile, introduce alla prima e fondamentale e imperdonabile trasgressione dei confini di genere: che un uomo dia la vita non è l'esperienza comune della specie umana, dove la prima fondamentale divisione si ordina per l'appunto in rapporto alla differenza della prestazione sessuale, che destina la donna, e non l'uomo, a farsi grembo della riproduzione.
*Più che tragica, dalla parte della [[Mostro di Frankenstein|creatura]], la vicenda è patetica. Romanticamente il mostro vorrebbe comunanza, società: vorrebbe appartenere a una comunità, essere come tutti gli altri. La sua eccezionalità gli pesa. La sua unicità è un danno. Gli rende impossibile la vita. E impraticabile la bontà. Come può essere buono chi è solo al mondo, privo di un altro simile in cui specchiarsi e amarsi? Chi venga abbandonato, rifiutato? Come stupirsi che diventi malvagio colui al quale per nascita la felicità è negata? Il mostro è una vittima.
*La creatura invidia la bellezza e la bontà. Di per sé il neonato non è cattivo, chiede simpatia; se gliela mostrassero, sarebbe buono. Ma perché gli altri gli dimostrino amore, dovrebbe dissolversi la platonica confusione di bene e di bello, che perciò stesso condanna il brutto (e cattivo) a partirepatire l'alienazione dal mondo dei belli (e buoni). Il "brutto" dovrebbe, in altri termini, educare i propri contemporanei ad aprire gli occhi fino a cogliere in lui un'altra bellezza, che offende le proporzioni, che trasgredisce le vecchie armonie: una bellezza inaspettata, diversa, nuova. Sublime.
*Non v'è dubbio che, consapevolmente o meno, alla gestazione del romanzo concorre la tensione politica degli anni in cui il romanzo viene concepito. Vigile e attiva è nella mente di Mary l'angoscia per la violenza che macchia la vita politica del suo paese. Dal 1811 al 1817 l'Inghilterra è scossa dalle proteste degli operai che si ribellano all'impiego delle macchine, strumenti maledetti della strategia maligna dei padroni, che così tolgono loro il lavoro. Quasi fossero robot messi al posto del loro corpo vivo, gli operai luddisti aggrediscono, distruggono quell'invenzione diabolica, frutto della scienza meccanica. «''The monster is on the loose''» titolano i giornali dell'epoca: senza freni, disinibita, la violenza scuote le fondamenta dell'ordine sociale, dello ''status quo''. E l'impersona il mostro di un proletariato incolto e violento, perché disperato. Un proletariato anonimo, umiliato e offeso viene descritto come una massa oscura di lupi assetati di violenza; e dietro il fantasma della folla acefala, affiora lo stesso terrore che non molti anni prima aveva contagiato la Francia.
*Prima di immedesimarci con quell'astronauta di ''2001: Odissea nello spazio'' che vediamo staccarsi dall'astronave e per sempre cadere nello spazio infinito, noi ci siamo identificati con la creatura di Frankenstein. Se le mitologie eroiche di Shelley e di Byron mascherano con l'euforia dello slancio maniacale del ''pathos'', Mary svela il ''bathos'' di quella medesima verità: nel mondo si è gettati, e si è soli.