Lúcia dos Santos: differenze tra le versioni

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==''Memorie di Suor Lucia''==
*Prima dei fatti del 1917, eccetto i legami di parentela che ci univano, nessun altro affetto particolare mi faceva preferire la compagnia di [[Giacinta Marto|Giacinta]] e [[Francesco Marto|Francesco]] a quella di qualsiasi altro bambino. Anzi, la sua compagnia diventava, talvolta, abbastanza antipatica, a causa del suo carattere troppo permaloso. Ogni minima questione, di quelle che sorgono tra bambini quando giocano, era sufficiente per farla restare stizzita in un cantuccio, imbronciata, imitando il mulo, come noi dicevamo. Per farle riprendere il suo posto nel gioco, non bastavano le carezze più dolci che, in occasioni simili, i bambini sanno fare. Bisognava allora lasciarle scegliere il gioco e la compagna con cui voleva far coppia. Aveva, però, già a quel tempo, un cuore molto ben inclinato; e il buon Dio l'aveva dotata d'un carattere dolce e tenero, che la rendevano, allo stesso tempo, amabile e attraente. (pp. 36-37)
*Ci avevano raccomandato di recitare, dopo la merenda, la [[Rosario|Corona]], però, siccome tutto il tempo ci pareva poco per giocare, trovammo una buona maniera per finirla in fretta: passavamo i grani,dicendo soltando: Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria! Arrivati allafine del mistero dicevamo, dopo lunga pausa, le semplici parole: Padre Nostro! E così, in un batter d'occhio, come si suol dire, lanostrala nostra Corona era finita! (p. 43)
*La Madonna ci mostrò un grande [[Inferno|mare di fuoco]], che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell'incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e ributtanti di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. (p. 119)
*[...] ho voluto aprire il Nuovo Testamento, unico libro che voglio avere qui davanti a me, in un nascosto cantuccio della soffitta, dove mi ritiro, alla luce d'una povera tegola di vetro, per fuggire il più possibile dagli occhi umani. Da tavolo, mi servono le ginocchia; da sedia, una vecchia valigia.<br>– Perché non scrive nella sua cella? – dirà qualcuno. Il buon Dio credette bene di privarmi anche della cella, benché qui in casa ce ne siano parecchie e vuote. [...] Ma son contenta e ringrazio Dio d'esser nata povera e di vivere, per Suo amore, ancor più povera. [...] E va bene. Non ho bisogno d'altro: obbedienza e abbandono in Dio, che opera in me. In realtà, non son altro che il povero e miserabile strumento di cui Egli vuol servirsi, e che fra poco, come il pittore che getta al fuoco il pennello che non serve più, affinché si riduca in cenere, così il Divino Pittore ridurrà alla cenere della tomba il Suo strumento diventato inutile, fino al grande giorno dell'alleluia eterno. E io desidero ardentemente quel giorno, perché la tomba non distrugge tutto, e la felicità dell'amore eterno e infinito comincia lì. (pp. 132-133)