Theodor W. Adorno: differenze tra le versioni

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*[[Auschwitz]] inizia ogni volta che qualcuno guarda a un [[mattatoio]] e pensa: sono soltanto [[animale|animali]].<ref>Citato in Charles Patterson, ''Un'eterna Treblinka: Il massacro degli animali e l'Olocausto'', Editori Riuniti, Roma, 2003, p. 57; citato in Barbara De Mori, ''Che cos'è la bioetica animale'', Carocci, Roma, 2007, p. 110.</ref>
:{{NDR|[[Citazioni errate|Citazione errata]]}} Benché Adorno sia noto, insieme a [[Max Horkheimer|Horkheimer]], anche per aver dato un «contributo ineludibile» al «tema dell'oppressione animale e del suo ruolo nelle strutture del dominio sociale» (cfr. [[Annamaria Rivera]]), la frase sopra riportata — citata per la prima volta nel libro ''Un'eterna Treblinka'' (''Eternal Treblinka'', 2002) di C. Patterson e ripresa dall'organizzazione animalista PETA in apertura del proprio sito — risulta errata, dato che l'unico passaggio simile negli scritti di Adorno esprime un concetto più ampio:<ref>Cfr. Susann Witt-Stahl, ''[http://www.liberazioni.org/articoli/Witt-StahlS-01.htm Auschwizt non sta sul vostro piatto: Note critiche sul paragone tra olocausto e massacri animali]'', traduzione di [[Marco Maurizi]], ''Liberazioni.org''.</ref>
::<small><u>Citazione corretta</u>: «Le atrocità sollevano un'indignazione minore, quanto più le vittime sono dissimili dai normali lettori, quanto più sono "more", "sudicesudicie", ''dago''. Questo fatto illumina le atrocità non meno che le reazioni degli spettatori. Forse lo schema sociale della percezione presso gli antisemiti è fatto in modo che essi non ''vedono'' gli ebrei come uomini. L'affermazione ricorrente che i selvaggi, i negri, i giapponesi, somigliano ad animali, o a scimmie, contiene già la chiave del ''pogrom''. Della cui possibilità si decide nell'istante in cui l'occhio di un animale ferito a morte colpisce l'uomo. L'ostinazione con cui egli devia da sé quello sguardo – "non è che un animale" – si ripete incessantemente nelle crudeltà commesse sugli uomini, in cui gli esecutori devono sempre di nuovo confermare a se stessi il "non è che un animale", a cui non riuscivano a credere neppure nel caso dell'animale». (da ''[[#Minima moralia|Minima moralia]]'', n. 68)</small>
 
==''Minima moralia''==
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*La [[libertà]] non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta.
*La vera [[felicità]] del dono è tutta nell'[[immaginazione]] della felicità del destinatario.
*Le atrocità sollevano un'indignazione minore, quanto più le vittime sono dissimili dai normali lettori, quanto più sono "more", "sudicesudicie", ''dago''. Questo fatto illumina le atrocità non meno che le reazioni degli spettatori. Forse lo schema sociale della percezione presso gli antisemiti è fatto in modo che essi non ''vedono'' gli ebrei come uomini. L'affermazione ricorrente che i selvaggi, i negri, i giapponesi, somigliano ad animali, o a scimmie, contiene già la chiave del ''pogrom''. Della cui possibilità si decide nell'istante in cui l'occhio di un animale ferito a morte colpisce l'uomo. L'ostinazione con cui egli devia da sé quello sguardo – "non è che un animale" – si ripete incessantemente nelle crudeltà commesse sugli uomini, in cui gli esecutori devono sempre di nuovo confermare a se stessi il "non è che un animale", a cui non riuscivano a credere neppure nel caso dell'animale. Nella società repressiva il concetto stesso dell'uomo è la parodia dell'uguaglianza di tutto ciò che è fatto ad immagine di Dio. Fa parte del meccanismo della "proiezione morbosa" che i detentori del potere avvertano come uomo solo la propria immagine, anziché riflettere l'umano proprio come il diverso. L'assassinio è quindi il tentativo di raddrizzare la follia di questa falsa percezione con una follia ancora maggiore: ciò che non è stato visto come uomo, eppure lo è, viene trasformato in cosa, perché non possa confutare, con un movimento, lo sguardo del pazzo. (n. 68, ''Gli uomini ti guardano''<ref>Riferimento al titolo del libro di Paul Eipper ''Le bestie ci guardano''</ref>)
*Nei migliori dei casi uno [[Dono|regala]] quello che gli piacerebbe per sé, ma di qualità lievemente inferiore.
*Nella psicanalisi non c'è nient'altro di vero che le sue esagerazioni.