Charles Langbridge Morgan: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*S'inganna chi crede che l'opera dell'atista altro non sia se non un concetto superiormente organizzato di verità già accessibili sotto una forma diversa, e che l'artista non sia apportatore di nuova verità ma interprete dell' ''aurea mediocritas''. L'arte è un vangelo di realtà che non può esprimersi in altri termini. In tal senso l'artista è un messaggero degli dei, e per tale ragione non può spiegare il loro messaggio in una lingua che non sia la sua. Sostenere che, non sapendo interpretare il loro pensiero, egli non l'abbia capito, o non si sia mai trovato in loro compagnia, significa ammettere che nulla sia reale se non ciò che può essere espresso nel linguaggio di uomini estranei all'arte. Significa ripudiare l'autentcità della poesia, e negare all'artista un'esperienza propria. L'esperienza in sé, che è poi l'esperienza della realtà, non può essere da lui fraintesa. Potrà essere isolata e unica, come la caduta del seme da cui nasce una pianta; o continuamente rinnovata come la pioggia. In ogni caso la gioia che ne ritrae l'artista, ordinariamente detta creativa, è una gioia di carattere ricettivo; e presenta una stretta analogia con l'atto d'amore femminile, che è insieme ardente e pacifico, adempimento e iniziazione. La genesi dell'opera d'arte - la messe della verità originaria - è un'esperienza meno intensa di quanto non sia il concepirla, poiché nell'attimo della concezione, e in nessun altro forse, l'artista intuisce completamente le proprie divinità, e vede la loro realtà attraverso i loro occhi. In questa facoltà d'impegnarsi, non nello scrivere versi o nel dipingere quadri o nel comporre musiche, sta l'essenza dell'arte, la ragione d'essere di un artista. L'esecuzione potrà o no seguire a quest'attimo; ma anche nella propria infanzia, quando a malapena sa che cosa significhi essere artefice, un artista vi si assoggetta completamente, e vi intravede le ricchezze della propria vita. Poi, via via che l'artefice, procedendo verso la virilità, scoprirà la propria arte, il miracolo che sin dall'inizio egli ha portato dentro di sé si paleserà. Prima, egli era consacrato; ora, sa a che cosa. (p. 44-45)
 
{{NDR|Charles Morgan, ''Ritratto in uno specchio'' (''Portrait in a Mirror'', 1929), traduzione di Alessandra Scalero, Arnoldo Mondadori Editore, 1979.}}