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==''Diario di un contadino del Danubio''==
*[...] le [...] strade [[Castiglia|castigliane]], ingombre di storia, profondamente scolpite nella pietra dai personaggi che le hanno percorse, dalle migliaia di soldati stranieri, di pellegrini, di geni, di poveri diavoli, d'avventurieri, di frati pidocchiosi o santi, di Don Giovanni e di Don Chisciotte, strade soleggiate anche sotto la neve di Gennaio, appassionate di esistere, di condurre chi sa dove, destinate come pulzelle regali alle strade più lontane, alle più fulgenti promesse. Strade dei due mondi... È possibile chiamarsi in maniera più esauriente e più sbalorditiva? I due mondi non essendo soltanto la [[Spagna]] e l'[[America]], ma anche il mondo di quaggiù e l'altro, vere coesistenze dell'anima spagnola. (da ''Nota di diario di Sabato, 14 novembre 1964'', p. 15)
*Alla pari di Don Giovanni e per ragioni probabilmente non troppo diverse, è verosimile che Don Chisciotte rappresenti per me il coraggio inutile, apparentemente, il bel gesto gratuito, che sfuggendo ai cinque sensi diviene mito, e lungi dal suo passaggio biologico, prende corpo nell'orizzonte degli archetipi, come tutto ciò che è grande. Don Chisciotte e Don Giovanni sono due impazienti, desiderosi di giungere il più rapidamente possibile alla loro forma ultima, al loro dramma, voglio dire alla loro perfezione. L'impazienza è il pericolo permanente. È di questo che io sono fatto. (da ''Nota di diario di Sabato, 14 novembre 1964'', p. 17)
*Più amiamo l'arte, più desideriamo segretamente di liberarci. Un'[[opera d'arte]], infatti, sfugge agli sbirri e alla mannaia, permettendoci di vivere, amandola, in perfetta condizione di parità col nostro io. (da '' Nota di diario di Domenica, 29 novembre 1964'', p. 31)
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*''L'essai sur l'avenir poétique de Dieu'', di [[Manuel de Diéguez|Manuel Diéguez]] demolisce le impalcature della critica occidentale e orientale a un tempo e riporta la letteratura sul suo zoccolo, che domina tutti gli altri. «''... qualsiasi ragione e qualsiasi poesia sacra''», scrive Diéguez, «''porteranno a una frattura con l'organizzazione della storia; infatti in essa si è rifugiato, dopo aver disertato le antiche cosmogonie, il nostro furore di organizzare il tempo attraverso una falsa poesia.''» E in nota, a piè di una pagina di grande densità di pensiero, queste altre righe che completano in qualche modo la risorgente fisionomia del contadino del Danubio: «''Ora, la politica, in quanto escatologia, è una poetica finalista, una cosmogonia razionalizzante che inevitabilmente sfocia nel nichilismo.''» (da ''Nota di diario di Lunedì 1 novembre 1965'', pp. 287-288)
*Noi abitiamo un tempo di profondità, zenit e nadir, il tempo dell'anima messa di nuovo in croce nel senso che meglio le si addice ed è questa la ''felicità'', voglio dire la gioia di conoscere la verità, una sofferenza sottile che rasenta la coscienza dell'eternità. (da ''Nota di diario di Lunedì 1 novembre 1965'', p. 288)
*I [[Daci]] che si stendevano dal Dniester sino alla Boemia appaiono a poco a poco come gli antenati dell'Occidente e come i precursori europei del Dio unico. Furono romanizzati e cristianizzati senza resistenza, perché erano i generatori dei loro conquistatori. Noi siamo là da sempre. È la nobiltà del contadino del [[Danubio]], colui che diede [[Pan]] ai greci, il Dio di cui una voce annunciò la morte nel momento in cui [[Gesù]] spirava sulla croce e nasceva nelle anime nostre. [...] Quando la storia dei Daci sarà conosciuta bene come quella di [[Atene (città antica)|Atene]] o di [[Roma (città antica)|Roma]], l'Occidente troverà in essa un nuovo fondamento, il più antico e il più vicino, quello che giustificherà la sua evoluzione verso un futuro instancabilmente attuale. E che non farà paura a nessuno. (da ''Nota di diario di Lunedì 1 novembre 1965'', p. 290)
 
==''Dio è nato in esilio''==