Franco Fochi: differenze tra le versioni

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==''Lingua in rivoluzione''==
*Sta il fatto che mai come oggi, cioè con altrettanta irruenza e rapidità, torme di bruttissimi neologismi sono venute a cacciar di nido, e in esilio, termini e modi profondamente radicati nel nostro idioma, senz'alcun riguardo né per il vigore né per le benemerenze. E ciò, in piena armonia con la maggior parte dei loro compagni sorti col buon fine di dare un termine alle idee nuove (che sono moltissime). Insomma, dove si tratta di fare il brutto, la concordia non manca.<br>C'è anzitutto una legge, in questo campo nemico e compatto: quella che vorrei chiamare della mostrina, perché mi ricorda (senz'alcuna gioia) la vita militare. Il cittadino che va a rispondere alla chiamata del distretto, non sa nulla, ancora, della sua destinazione; ma per lui è verità matematica che fra poche ore non sarà più il "signor X", libero cittadino in tutti i sensi che quest'espressione può assumere nella vita d'un uomo: farà parte d'un corpo, d'una specialità. Scomparirà molto, in lui, dell'individuo; e per tutto il tempo che egli passerà "sotto la naia" non lo abbandonerà mai il senso d'esser divenuto qualcosa di simile a una pedina fra le tante d'una scacchiera, o a una mattonella in un pavimento o, forse meglio, a un'unità in un numero grande grande, che è appunto il corpo a cui appartiene. [...] e centinaia d'altre simili parole che sembrano messe insieme coi cubi di legno o coi pezzi d'un "meccano", secondo un procedimento altrettanto di casa nelle lingue nordiche — p.e., in tedesco, ''pietoso'' è ''barmherzig; pietà: barmherzigkeit; spietato: unbarmherzig; spietatezza: unbarmherzigkeit''; in inglese, pietà è ''pity; pietoso: pitiful; spietato: pitiless; spietatamente: pitilessly; spietatezza: pitilessness''... — quanto estraneo e ripugnante alla nostra, dove il posto d'onore è sempre toccato alla libera fantasia, e non alla scienza esatta o all'officina per macchine di precisione.<br>Se l'italiano si conserverà italiano (il che nessuno oserebbe giurare), proverà sempre disagio di fronte a una siffatta maniera d'esprimere i pensieri, nella quale ogni sillaba sembra distillata da un alambicco nucleare, e a cui s'accompagna costante, ossessiva, la pretesa di rincorrere sino in fondo — chiamiamola così — la ''vocabologenesi''.<ref>Illustrando la propria teoria dell'irreggimentazione; si parla in seguito anche di ''neovocabologenesi'' (per il ''neoitaliano'', sul quale cfr. la ''neolingua'' di [[George Orwell]], ''1984'') e ''meccanovocabologenesi''</ref> (''Tutti al distretto'', p. 29)
*Ma la grammatica del neoitaliano non è ancora stata scritta; e io, un "Neo-Neo– o Super-italiano Facile" non mi sento di scriverlo. E poi, l'ortografia! Per una tale bagattella dovremmo impedire ai nostri neoprefissi di buttarsi dove vogliono, con assoluta libertà? Dovremmo impedire, per esempio, al servizievolissimo SUPER-SUPER– di congiungersi col divano, per il fatto che questo, prima, si congiunge a suo modo col letto, dando origine al divano-letto? No, no: adesso salti pur fuori il superdivano, e il letto se ne stia buono e cheto, per conto suo.<br>Con la gioventù ci vuol pazienza e maniera. (''Le iper-extra-super-ultra parole'', p. 59)
*E ciò fa considerare e meditare, ancora una volta, quando (: in un qualunque momento di una delle nostre qualunquissime giornate), come (: in un gioco di dadi o bussolotti) e dove (: anche in pieno deserto grammaticale, o addirittura, sempre più, con preferenza per questo) nascano le parole "italiane», così rinnovellate di novella fronda; impure, nella loro spaventevole massa, come memoria d'uomo o storico non può trovare; e tuttavia disposte — cioè ammesse, fra l'entusiasmo dei molti e il rammarico dei pochi — a salire alle stelle. E non è forse, ancora, il segno estremo d'una follia demagogica applicata alla lingua. La filologia può farci sempre meno. (''Eldorado nuevo'', p. 70)
*Ce n'è abbastanza, credo, per poter bollare l'ismisticità anche come famiglia d'emeriti truffatori, che si presentano a questo nostro tempo, così sensibile a tali richiami, col distintivo della "specializzazione", anzi col vanto d'essere i soli "ufficialmente autorizzati" a diffondere questo prodotto (nonostante che spesso le scatole in cui è "confezionato", risultino vuote). (''L'ismisticità'', p. 78)
*Così anche -ABILE–ABILE e -IBILE–IBILE pagano un tributo di servitù all'irreggimentazione, che ha fatto la loro potenza: una potenza triste, senza un'ombra di varietà né un soffio di fantasia. Ma ai gerarchi basta l'autorità. (''Abile, ibile, ivo'', p. 103)
*Per tutto questo c'interessa meno che mai la parola in sé, e più che mai l'andazzo, il contributo dato all'irreggimentazione. Bisognerà, proprio per farsene un'idea, che il lettore s'assoggetti a una filza d'esempi, esposti in forma schematica, tale da far risparmiare i commenti e condensare tutto in uno spazio quanto più possibile breve. Per ciascuno di essi sarà data: prima la frase in lingua irreggimentata e, accanto, la "traduzione" in lingua dimenticata. Ma la parola "traduzione" (tra virgolette per questo) non porti a fraintendere. Essa non significa: si deve dire così e soltanto così, e guai a servirsi di quell'altro modo anche una sola volta — né una rondine fa primavera né una nuvola porta l'inverno — ma: a causa della prepotenza di -MENTE–MENTE, oggi non si dice più, o quasi più, in questa maniera, che pure è la più vivace, la più espressiva, la più varia, cioè quella che più risponde a una dote, la ricchezza, considerata fin qui tra le più alte della nostra lingua (certa "varietà" dell'altra maniera è, di fatto, vuotaggine estrema, fragilità, instabilità del significato, come meglio diremo). (''Insopportabil-mente'', p. 109)
*È questione di tempi, di relatività: le leggi assolute valgono solo in matematica e nella morale eterna, naturale; non certo nei confini, troppo comodi e fragili, dei cosiddetti "linguaggi" scientifici (o tecnici). La scienza è proletarizzata; non c'è nulla da farci. Termini che per secoli son rimasti inoffensivi, oggi esplodono, dappertutto. I più innocui di loro devono (dovrebbero) camminare in punta di piedi; figuriamoci il buttarne fuori di nuovi, e così strani, senza posa, senza riflessione, senza esame (di coscienza). (''Togati di ieri e di oggi'', p. 139)
*È questione di fatti. E i fatti, temo che siano più alti di noi (togliere, p. e., il pazzo dalle barzellette, o il gobbo dai motivi di sollazzo; così, il lavoro dalle cose mal sopportate e per nulla stimate). E allora, si smetta anche di cambiar nome ai mestieri, o professioni, o attività: perché presto o tardi cadranno anche loro nel disprezzo e nella noia; tutti. (''Novissimo dizionario d'arti e mestieri'', p. 160)