Tifoseria della Juventus Football Club: differenze tra le versioni

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*La maledizione di essere juventini. [...] Perché sarà una maledizione? E da quando? In realtà da sempre, o da quasi sempre.<br/> Accade spesso che la Juventus abbia vinto partite all'ultimo minuto, e che le abbia vinte su rigore; e che il rigore dai tifosi della squadra avversaria sia fortemente contestato è la quasi normalità [...]. C'è chi prende a pretesto ogni fischio, compreso quello del capostazione, per invocare «rigore per la Juve». Non si sentono che fischi. Tutti i fischi hanno un'unica destinazione, un senso unico: assegnare la vittoria alla Juventus ad ogni costo. C'è qualcosa di paradossale su questa ironica o furiosa reazione: c'è sempre stata, ora ha raggiunto un diapason. Tifare per la Juve è diventato difficile, quasi impossibile. Vista dal di fuori la faccenda è anche buffa, il tifoso bianconero — per sfuggire agli sfottò — dovrebbe andare in giro travestito, nascondersi, non pronunciarsi. Non dovrebbe andare allo stadio, di sicuro non in quelli delle avversarie. ([[Franco Cordelli]])
*La storia che ti lega alla tua squadra del cuore è qualcosa di romantico [...]. Per un tifoso della Juventus è ancora più difficile da dimostrare in quanto è una squadra così vincente. Per cui sento un po' come un dovere da scrittore spiegare che la Juventus è la squadra che ha più vinto e perduto – e proprio sapendo perdere si impara a vincere. Amarla in questo modo dà ancora quel senso romantico di tifo che appartiene ad epoche passate. ([[Sandro Veronesi]])
*Non ti vergogni, tu che sei [[roma]]no, a stare per la Juventus? mi diceva sempre una zia di [[Milano]] che non stava per nessuno. No, non mi vergogno. [...] Prediligo gli umili e i modesti, coltivo le mie sofferenze e mi struggo per quelle degli altri, amo gli [[Sconfitta|sconfitti]]. Ma il caso ha voluto che, poco più che neonato, io sia stato tradotto per la prima volta a una partita di calcio, in capo a un interminabile periplo sulla Circolare Rossa, sui tavolacci del vecchissimo Testaccio. Il pubblico urlava all'arbitro e al nemico elaborati improperi che oggi mi sembrerebbero madrigali, ma allora, neonato, mi parvero improperi. Il [[nemico]] era una squadra mesta ed elegante, con l'ala destra calva, il centrosostegno arrembato e claudicante, una mezzala fragile e pallida come un re sotto il patibolo, grassoccio il portiere. Vestiva [[Colori e simboli della Juventus Football Club|braconi bianchi, calzettoni neri con due rigoline bianche, maglia bianca a strisce nere]]. Si chiamava in latino. Giocava maluccio. Il pubblico infieriva. Imperversavano "[[Associazione Sportiva Roma|i nostri]]" rosso-vino e giallo-mandarino. La squadra a strisce perse per tre a zero. Fingo il lirismo dell'amnesia. In realtà, senza aver mai prodotto il minimo sforzo per ricordarmele, ricordo con precisione inappellabile le formazioni delle due squadre, chi portava le cavigliere sopra i calzettoni e chi no, l'odore inebriante del fumo di migliaia di [[sigarette]] nell'umido pomeriggio d'[[inverno]], le grida di dileggio dei miei compaesani, la mia malinconia e la mia tenerezza. Per gli sconfitti. Ho aspettato tutta un'adolescenza, una [[Seconda guerra mondiale|guerra]], una ricostruzione, la consumazione di un primo amore e anche di un secondo, insomma quattordici anni ho aspettato perché quell'elegante endecasillabo di sconfitti a strisce mi vincesse un [[Campionato italiano di calcio|campionato]]. Da allora — ammetto — me ne ha vinti parecchi. E io continuo ad amare sconfitti che continuano a perdere. Ma nell'angolo appartato e secondario del mio cuore che concedo alla trivialità del "[[Tifo sportivo|tifo per lo spettacolo sportivo]]" mi sia consentito (anche perché me lo consento io) di amare anche questi sconfitti che [[Vittoria|vincono]]. ([[Vittorio Sermonti]])
[[File:Supporters of Juventus FC - Stadio Comunale, Turin (circa 1973).jpg|thumb|Tifosi juventini allo stadio Comunale di Torino (1973)]]