Francesco Saverio Nitti: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Francesco Saverio Nitti==
*{{NDR|Lettera a [[Giovanni Amendola]], dopo il delitto di [[Giacomo Matteotti]]}} Bisogna resistere e vincere. Noi rappresentiamo la civiltà e la vita contro la nuova barbarie. Io ho fatto sempre opera di moderazione. Ma ora tutta la coscienza nazionale insorge contro i sistemi di brigantaggio e di violenza. In tutta l'Europa è un senso di diffidenza e di attesa. Ella non dubiti della vittoria. Le grandi idee morali hanno una invincibile forza e siamo noi soltanto che ora le rappresentiamo. (citato in ''Francesco Saverio Nitti'', UTET, Torino, 1984, p. 485)
 
*Da tre secoli a questa parte mai l'Italia è stata ciò che è ora: in quarant'anni di [[unità d'Italia|unità]], di questa unità che con le sue ingiustizie è sempre il nostro più grande bene, in quarant'anni di unità, noi abbiamo realizzato progressi immensi. Noi non eravamo nulla e noi siamo molto più ricchi, molto più colti, molto migliori dei nostri padri. (da ''Scritti sulla questione meridionale: Volume 1'', Laterza, Bari, 1958, p. 125)
 
*I [[politico|politici]] italiani sono in generale uomini di assai mediocre valore: non amano noie e anche i migliori fra di essi sono incapaci di affrontare i problemi di larga importanza. (da ''Napoli e la questione meridionale'', Guida Editori, Napoli, 2004, p. 19)
 
*Il nazionalismo è alla nazione ciò che il bigottismo è alla religione. (da ''Scritti politici: La pace. La libertà. Bolscevismo, fascismo e democrazia'', Laterza, Bari, 1959, p. 255)
 
*Il solo male vero che ha l’Italia odierna è la poca fiducia in sé stessa: poiché ella ingrandisce a torto il passato e non vede con serenità il presente. (da ''Scritti sulla questione meridionale - Volume 2'', p. 446)
 
*Io non ho mai appartenuto ad alcuna massoneria in alcun momento della mia vita ed in alcun paese, per la mia invincibile avversione per ogni cosa che limiti la mia libertà di pensiero e di azione. (da ''La disgregazione dell'Europa'', Faro, 1946)
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*Per le plebi meridionali il brigante fu assai spesso il vendicatore e il benefattore: qualche volta fu la giustizia stessa. Le rivolte dei briganti, coscienti o incoscienti, nel maggior numero dei casi ebbero il carattere di vere e selvagge rivolte proletarie. Ciò spiega quello che ad altri e a me e accaduto tante volte di constatare; il popolo delle campagne meridionali non conosce assai spesso nemmeno i nomi dei fondatori dell'unità italiana, ma ricorda con ammirazione i nomi dell'abate Cesare e di Angelo Duca e dei loro più recenti imitatori. (da ''Eroi e Briganti'', Edizioni Osanna, Venosa, 1987, p. 34)
 
*{{NDR|Su [[Ferdinando II delle Due Sicilie]]}} Pochi principi italiani fecero tra il '30 e il '48 il bene che egli fece. Mandò via dalla corte una turba infinita di parassiti e di intriganti: richiamò i generali migliori, anche di parte liberale, e licenziò gli inetti; ordinò le leve militari; fece costruire, primo in Italia, una strada ferrata, istituì il telegrafo, fece sorgere molte industrie, soprattutto quelle di rifornimento dell'esercito, che era numerosissimo; ridusse notevolmente la lista civile; mitigò le imposte più gravi. Giovane, forte, scaltro, voleva fare da sé, ed era di una attività meravigliosa. Educato da preti e cattolicissimo egli stesso, osò, con grande ammirazione degli intelletti più liberi, resistere alle pretese del papato e abolire antichi usi, umilianti per la monarchia napoletana. È passato alla storia come "Re bomba" e non si ricordano di lui che il tradimento della Costituzione, le persecuzioni dei liberali, le repressioni di Sicilia, e le terribili lettere di Gladstone. Abbiamo troppo presto dimenticato che, durante quasi due terzi del suo regno, i liberali stessi lo chiamarono Tito e lo lodarono e lo esaltarono per le sue virtù e per il desiderio suo di riforme. Abbiamo troppo presto dimenticato il sollievo che le sue riforme finanziarie produssero nel popolo, e l'ardimento che egli dimostrò nel sopprimere vecchi abusi. (da ''Scritti sulla questione meridionale: Volume 1'', Laterza, Bari, 1958, p. 41)
 
*{{NDR|Su [[Emilio Colombo]]}} Un chierichetto. (citato in ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,0147_01_1973_0036_0003_5540295/ Dicono di lei: Colombo]'', ''La Stampa'', 11 febbraio 1973)
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===[[Excipit]]===
Poiché l'avvenire dell'Italia è nella unione intima e più grande, nella crescente tendenza unitaria, coloro che sentiranno quanto l'Italia nuova ha fatto per essi, saranno più giusti verso quel Mezzogiorno d'Italia, in cui è la soluzione non solo dei problemi dell'unità, ma dell'esistenza stessa del regime liberale.
 
==''Scritti sulla questione meridionale''==
===Citazioni===
*{{NDR|Su [[Ferdinando II delle Due Sicilie]]}} Pochi principi italiani fecero tra il '30 e il '48 il bene che egli fece. Mandò via dalla corte una turba infinita di parassiti e di intriganti: richiamò i generali migliori, anche di parte liberale, e licenziò gli inetti; ordinò le leve militari; fece costruire, primo in Italia, una strada ferrata, istituì il telegrafo, fece sorgere molte industrie, soprattutto quelle di rifornimento dell'esercito, che era numerosissimo; ridusse notevolmente la lista civile; mitigò le imposte più gravi. Giovane, forte, scaltro, voleva fare da sé, ed era di una attività meravigliosa. Educato da preti e cattolicissimo egli stesso, osò, con grande ammirazione degli intelletti più liberi, resistere alle pretese del papato e abolire antichi usi, umilianti per la monarchia napoletana. È passato alla storia come "Re bomba" e non si ricordano di lui che il tradimento della Costituzione, le persecuzioni dei liberali, le repressioni di Sicilia, e le terribili lettere di Gladstone. Abbiamo troppo presto dimenticato che, durante quasi due terzi del suo regno, i liberali stessi lo chiamarono Tito e lo lodarono e lo esaltarono per le sue virtù e per il desiderio suo di riforme. Abbiamo troppo presto dimenticato il sollievo che le sue riforme finanziarie produssero nel popolo, e l'ardimento che egli dimostrò nel sopprimere vecchi abusi. (da ''Scritti sulla questione meridionale: Volume 1'', Laterza, Bari, 1958, p. 41)
*Da tre secoli a questa parte mai l'Italia è stata ciò che è ora: in quarant'anni di [[unità d'Italia|unità]], di questa unità che con le sue ingiustizie è sempre il nostro più grande bene, in quarant'anni di unità, noi abbiamo realizzato progressi immensi. Noi non eravamo nulla e noi siamo molto più ricchi, molto più colti, molto migliori dei nostri padri. (da ''Scritti sulla questione meridionale: Volume 1'', Laterza, Bari, 1958, p. 125)
*Il solo male vero che ha l’Italia odierna è la poca fiducia in sé stessa: poiché ella ingrandisce a torto il passato e non vede con serenità il presente. (da ''Scritti sulla questione meridionale - Volume 2'', p. 446)
 
==Citazioni su Francesco Saverio Nitti==
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*Francesco Saverio Nitti, ''Nord e Sud'', Casa Editrice Nazionale Roux Roux e Viarengo, Torino- Roma, 1900
*Francesco Saverio Nitti, ''Napoli e la questione meridionale''; in Francesco Saverio Nitti e Domenico De Masi, ''Napoli e la questione meridionale 1903-2005'', Alfredo Guida editore, 2004, [http://books.google.it/books?id=bGmHMQY_cdgC&printsec=frontcover&dq=Napoli+e+la+questione+meridionale,+1903-2005&source=bl&ots=1_u-Lp_WN0&sig=wiz0zsGBKDtN08zDD2DsJZvjlSc&hl=it&sa=X&ei=BXI-UO3SDozJswbWgoH4AQ&ved=0CDEQ6AEwAA#v=onepage&q=Napoli%20e%20la%20questione%20meridionale%2C%201903-2005&f=false anteprima su Google libri]
*Francesco Saverio Nitti, ''Scritti sulla questione meridionale'', Laterza, Bari, 1958.
 
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