Stefan Zweig: differenze tra le versioni

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*La notte a [[Zurigo]] avevo il bisogno di girare ore e ore per le strade o lungo la riva del lago. Le mille luci significavano pace, lì gli uomini godevano ancora la beata calma della vita. Mi pareva di sentire che dietro quelle finestre non vi erano donne insonni, torturate dal pensiero dei figli lontani; non incontravo feriti o mutilati, non giovani in uniforme destinati ad essere caricati per il fronte l'indomani: lì pareva di aver diritto alla vita, mentre nei paesi in guerra quasi si sentiva come un disagio ed una colpa il fatto di non essere mutilati. (p. 227)
*Sapevamo che a cinque ore di distanza ogni tedesco che sorprendesse un francese, ogni francese che cogliesse un tedesco lo assaliva alla baionetta o lo ammazzava con una bomba a mano, ricevendone in cambio una medaglia al valore; sapevamo che dall'una e dall'altra parte milioni di persone avevano il solo sogno di distruggersi e di cancellarsi dalla superficie terrestre reciprocamente, sapevamo che i giornali avversari parlavano soltanto con la schiuma alla bocca, mentre noi, un pugno d'uomini fra tanti milioni, non soltanto sedevamo pacifici alla stessa tavola, ma ci sentivamo stretti da lealissima, appassionata [[fratellanza|fraternità]]. (p. 231)
*{{NDR|[[Frans Masereel]]}} [...] con le sue silografie contro gli orrori della guerra creò dinanzi ai nostri occhi un monumento grafico che per impeto e sdegno regge persino il confronto con i ''Desastres de la guerra'' di [[Francisco Goya|Goya]]. Notte e giorno quell'instancabile creava dal legno nuove figure e nuove scene [...]. Noi sognavamo di poter disseminare dall'alto con gli aeroplani queste acerbe e feroci denunce, comprensibili senza parole e senza commenti anche al più umile, di lanciarle invece delle bombe sulle città e sugli eserciti, perché esse avrebbero, ne sono certo, prematuramente ucciso la guerra. (2014, p. 230)
*Potei invece pochi giorni dopo vedere a Napoli un vero esiliato di particolar natura: [[Benedetto Croce]]. Per decenni era stato il capo spirituale della gioventù, aveva poi avuto, come senatore e come ministro, tutti gli onori esteriori del paese, sin che la sua opposizione al fascismo lo mise in conflitto con Mussolini. Rinunciò alle cariche e si trasse in disparte; ma questo non bastò agli intransigenti, che volevano spezzare e, se necessario, anche punire la sua opposizione. Gli studenti, che oggi, in contrasto al passato, sono dovunque le truppe d'avanguardia della reazione, gli assaltarono la casa e gli ruppero i vetri. Ma quell'uomo piccoletto e piuttosto pingue, dagli occhi intelligenti ed arguti, che sembrerebbe a tutta prima un comodo borghese, non si lasciò intimidire. Non lasciò il paese, rimase in casa sua dietro il gran bastione dei suoi libri, benché venisse invitato da università americane e straniere. (p. 291-292)
*La mia gioia fu sempre il creare, non la cosa creata. Non rimpiango quel che ho posseduto, poiché se noi banditi e perseguitati dovemmo apprendere ancora da capo un'[[arte]] in questi tempi ostili ad ogni arte, essa fu quella del sapersi staccare da tutto ciò che era stato un giorno nostro orgoglio e nostro amore. (p. 301)
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*Stefan Zweig, ''Erasmo'', traduzione di Lavinia Mazzucchetti, Castelvecchi, 2015.
*Stefan Zweig, ''Il mondo di ieri'', traduzione di Lavinia Mazzuchetti, Mondadori.
*Stefan Zweig, ''Il mondo di ieri. {{small|Ricordi di un europeo}}'', traduzione di Lavinia Mazzuchetti, Mondadori, Milano, 2014. ISBN 978-88-04-38112-9
*Stefan Zweig, ''L'agnello del povero'', traduzione di Lavinia Mazzuchetti, da ''IL DRAMMA'', Anno 25°, n. 151, 1952.
*Stefan Zweig, ''Il candelabro sepolto'', traduzione di Anita Rho, Milano, Skira, 2013. ISBN 978-88-572-1536-5