Ferdinando Martini: differenze tra le versioni

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*Ancora: il sentimento religioso fu per lo passato negli Abissini tutta una cosa col sentimento nazionale, perché il loro più costante nemico fu il mussulmano, che, notate, tentò imporre il giogo, non mai le credenze. Questa parte della storia dell'Etiopa possono non curare gli Svedesi, a noi Italiani sarebbe funesto il dimenticarla. Politicamente parlando dunque, credo che ogni propaganda, o protestante o cattolica, darà nella colonia pessimi frutti: nondimeno è giusto riferire quanto affermano gli Abissini medesimi, che, cioè, tra il missionario cattolico e il protestante corre grande divario. Il cattolico sta a sè, non cerca gli indigeni, attende che attratti dalla pietà delle opere o dalla esemplarità del costume si rivolgano a lui: il protestante invece, irrequieto, con la speditezza pertinace e febbrile delle razze nordiche, s'imbuca ne' più oscuri angoli delle capanne, s'inoltra pe' reconditi penetrali delle famiglie, e s'attacca, e tormenta, e assilla, e non lascia, cimice e mignatta ad un tempo. (pp. 134-135)
*Le rarità di Asmara sono tre: la chiesa, le capanne di ras Alula, e la fortezza di Bet-Macà. (p. 143)
*Questo [[Alula Engida|Alula]], un tempo falciatore di fieni, oggi ''ras'' e ''turk bascià'', che probabilmente non si curò mai di lasciare traccia di sè nella storia dell'Etiopia, ne lascierà una nella storia d'Italia. Natura misteriosa che molti vantano di conoscere e che forse nessuno conosce, regalmente generoso co' suoi benaffetti, costante nella persecuzione di chi gli fu nemico una volta, durano per lui nelle regioni oggi in nostro dominio molti odi ed amori: gli odi più caldi, perché il rancore intiepidisce più tardi della riconoscenza. (pp. 147-148)
*Gli Abissini, in generale, hanno il pensiero breve: valentissimi nell'avviluppare matasse di raggiri da dipanarsi o tagliarsi il giorno dopo. (p. 150)
*{{NDR|Su [[Alula Engida]]}} Fra i suoi propositi e i suoi atti appaiono, e forse non sono, molte contradizioni. Pretende personificata in sè l'indipendenza dell'Etiopia e cerca l'amicizia degl'Italiani, crede che le collere celesti lo puniscano e puniscano il suo popolo dell'aver portato le armi contro noi cristiani, e affila la spada di ribelle per ferire Menelik, cristiano anche lui. Prega ogni giorno, affinché nuove miserie sieno risparmiate all'Abissinia, ed è impaziente di inasprire le miserie antiche della guerra e della carestia. (pp. 151-152)
*Le [[Iena|iene]], vili, non sono temibili; osano d'aggredire bambini rifiniti, ma un adulto le allontana con un colpo di tosse, la luce di un fiammifero, un movimento qualsiasi. Il [[leopardo]], finché non s'è cibato dell'uomo, usa prudenza: quando l'ha assaggiato, sfida ogni pericolo per rinnovare il banchetto. (p. 179)
*Gli Abissini non sono una gente giovane di fede ingenua, che aspetti di snebbiarsi: sono un popolo vecchio e corrotto e perciò divoto negli atti, scrupoloso nelle pratiche religiose, ma senza affetto interiore; capacissimi di ribellarsi a chi tenti di offendere quelli scrupoli o di mutare quelle pratiche, incapaci e incuranti di trarre dalla fede insegnamenti alla vita. Popoli di credenti, sta bene: ma che vuol essere dispensato dall'osservare i comandamenti di Dio. (p. 199)