Vincenzo Cardarelli: differenze tra le versioni

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Inserimento di Citazioni. Lieve incertezza per l'anno: fonte secondaria: copyright 1973. L'edizione da cui sono tratte le citazioni è la seconda, quarta ristampa. Sul margine sinistro, nel verso del frontespizio si legge questa sigla, sotto Seconda edizione - Quarta ristampa: 1982 (L) 19547 1208 (ultime 4 cifre in grassetto)
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*''Terra negata ai padri, | promessa ai figli, faticata Etiopia, | tu non potrai più oltre | fuggire il tuo destino, | troppo e sì lungamente | legato al nostro.'' (da ''Fato africano'', nelle ''Poesie''; in ''Opere'', pp. 118-19)
*Un popolo che si getta nell'avvenire, trascurando, disconoscendo le sue tradizioni, è paragonabile ad un esercito che fa un'avanzata tagliandosi le retrovie. (da ''Parole all'orecchio'', ''Appendice di prose'', frammento III, 5; in ''Opere'', p. 934)
 
==''Memorie della mia infanzia''==
*Sono nato e cresciuto in [[Maremma]], a poca distanza dal mare, in un [[Tarquinia|paese]] urbano e campagnolo, rustico e civile, che ha serbato intatto il secolare orgoglio della sua piccola cerchia antica, torreggiante e murata, e tiene la qualità di forestiero per indice di villania. Circondato da un territorio amplissimo e diverso d'aspetti e di natura, qui grasso e ferace, onusto di biade, di frumento, di vigne, di orti e di canneti, là isterilito e impraticabile pei sassi affliggenti della vecchia [[Etruria]] ventosa che biancheggiano un po' da per tutto, lo guarda dall'alto d'una collina strapiombante a valle con nobile e disinteressata sonnolenza e, venuta la sera, chiude le sue porte massicce alla campagna atra e disabitata. È esposto a mare e monte, e ne sorveglia le strade, rifiata lo scirocco e la tramontana, ma i venti variano e passano su di esso come le eterne stagioni, né dal tempo dei tempi sono buoni da raccontargli più nulla. Il suo costume non cambia. (Paravia, 652)
*Qui rise l'[[Etruschi|Etrusco]], un giorno, coricato, cogli occhi a fior di terra, guardando la marina. E accoglieva nelle sue pupille il multiforme e silenzioso splendore della terra fiorente e giovane, di cui aveva succhiato il mistero gaiamente, senza ribrezzo e senza paura, affondandoci le mani e il viso. Ma rimase come seppellito, il solitario orgiasta, nella propria favola luminosa: Benché la gran madre ne custodisca un ricordo così soave che, dove l'[[Etruria]] dorme, la terra non fiorisce più che [[asfodelo|asfodeli]]. La primavera che giunge con rigide ariette da settentrione indugia un poco su quei colli tristi e logori, disertati dai lavori dell'uomo. Fruga le rare erbe che a contatto dei suoi acri fiati mattinali si gelano. Poi fugge via come impazzita.<br>Il suo regno è verso il mare. (Paravia, 653)
*Terra stoppiosa e bruciata in estate, caldissima e indolente, sbavata dal vento di mare, lambita dal canto dei bifolchi, immelanconita dal canto delle cicale. Terra bacchica, invece, per i suoni e le danze della {{sic|svignatura}}. Vera terra da ottobrate. Ecco il mio paese. (Paravia, 654)
 
==''Parliamo dell'Italia''==
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==Bibliografia==
*Vincenzo Cardarelli, ''Memorie della mia infanzia'', in ''Opere complete'', Mondadori, Milano. In Aldo Giudice e Giovanni Bruni, ''{{sic|problemi}} e scrittori della letteratura italiana'', vol. III, tomo II, ''secondo Novecento'' {{small|ad uso delle Scuole Medie Superiori}}, Paravia, Torino, 1982<sup>2</sup>, quarta ristampa.
*Vincenzo Cardarelli, ''Opere'', Mondadori, Milano, 1981.
*Vincenzo Cardarelli, ''Prologhi. Viaggi. Favole'', in ''Opere'', Mondadori, Milano, 1981.