Paolo Isotta: differenze tra le versioni

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*Che cosa c'è di più bello d'un'Opera che si chiude con un rogo? Il finale della Valchiria {{NDR|Opera di [[Richard Wagner]]}} fa scender qualche lagrima anche al centesimo ascolto.<ref>Da [https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2008/ottobre/05/STORIA_TRAGEDIA_UNA_PULZELLA_co_9_081005057.shtml ''Storia e tragedia di una Pulzella''], ''Corriere della Sera'', 5 ottobre 2008, p. 35.</ref>
*Chi potrà dimenticare gli ultimi anni di [[Herbert von Karajan]], che definirei un'agonia altezzosamente organizzata? Si trascinava sul podio sorreggendosi alle pareti e quando vi giungeva trasmetteva un messaggio di luce. Pochi hanno sottolineato, oltre alla capacità di dominare il dolore fisico, l'infinita pazienza di quest'uomo nel lavoro, come se da un'imperfezione sua potesse dipendere la sorte dell'universo.<ref name=muti>Da [https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2008/agosto/17/Muti_Karajan_applausi_vietati_co_9_080817007.shtml ''Muti e Karajan, applausi vietati''], ''Corriere della Sera'', 17 agosto 2008, p. 35.</ref>
*{{NDR|Su [[Giancarlo Cobelli]]}} Del regista ricordo non solo allestimenti nel teatro lirico, anche bellissimi di prosa. Nel primo caso c’era L’angelo di fuoco, il capolavoro teatrale di Prokof’ev[[Prokof'ev]] insieme colle Melarance e Il Giuocatore, e lui s’immergeva in una cupissima vicenda storica di possessione diabolica come solo un puro può fare. Poi, una cosa d’ineguagliabile finezza: l’Opera, ingiustamente dimenticata, che Walter Braunfels ha cavato dagli Uccelli di [[Aristofane]]. Nella prosa mi piacquero moltissimo, fra l’altro, il Dialogue dans le marecage di [[Marguerite Yourcenar]], un altro caso di crudeltà e ossessione che mette capo alla follia come rifugio, i Sei personaggi di [[Pirandello]], lo sceneggiato televisivo da Zola Teresa Raquin e il Woyzeck di Büchner, uno di quei testi che ogni uomo di teatro prima o poi dovrebbe affrontare. E sempre ad altissimo livello.<ref name=Cobelli>Da ''Ricordo di Giancarlo Cobelli'', ''Il Fatto Quotidiano'', Roma, 31 gennaio 2016.</ref>
*È ormai pacifico essere [[Carlo Gesualdo]], il principe di Venosa, uno dei più grandi polifonisti di tutti i tempi; e contendere a Monteverdi (Marenzio, morto a soli quarantasei anni, mancò per pochi mesi l'ingresso nel nuovo secolo) la palma di più importante musicista a cavallo fra Cinque e Seicento, di massimo esponente dell'aurorale Barocco le radici del quale si sprofondano nel linguaggio, nello stile, nella stessa concezione del suono, del pieno [[Rinascimento]].<ref name=principe>Da [https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1994/febbraio/06/principe_della_musica_che_fece_co_0_9402068236.shtml ''Il principe della musica che fece uccidere la moglie''], ''Corriere della Sera'', 6 febbraio 1994, p. 21.</ref>
*[[Fausto Gianfranceschi]] era una specie di fratello maggiore. [...] Aveva un posto importante in un giornale importante. ''Il Tempo'' conservava negli anni Settanta una deliziosa atmosfera anni Cinquanta. [...] Gianfranceschi era il capo della Terza Pagina, allora una grande Terza Pagina coronata dagli elzeviri di Mario Praz. [...] Gianfranceschi ci permetteva di collaborare, non si tirava mai indietro se ci fosse da parlare o da far parlare di qualcosa di nostro. Però forniva con la sua persona un aiuto morale ancor superiore. Bell'uomo, gioviale ed equilibrato, sicuro di sé, con una bella famiglia palesemente felice, rappresentava il contrario di molti reazionari tipici, la maggioranza, ormai a tal punto avvezzi alla condizione di paria che, liberati, l'avrebbero rimpianta. [...] Gianfranceschi rappresentava un lumicino di speranza, che non fosse destino assoluto l'essere reazionari e disgraziati.<ref>Da [https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1996/novembre/12/Noi_ragazzi_reazionari_Piazza_Colonna_co_0_9611124786.shtml ''Noi, ragazzi reazionari di Piazza Colonna''], ''Corriere della Sera'', 12 novembre 1996, p. 33.</ref>
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*«Nemmeno Wagner – prosegue la professoressa<ref>[[Anne Marie Abert]], figlia del musicologo [[Hermann Abert]]; la citazione è tratta dal saggio ''[[Giuseppe Verdi|Verdi]] e Wagner''. {{cfr}} ''Le ali di Wieland'', p. 151.</ref> – voleva formare degli eclettici, ma in realtà degli epigoni di lui stesso.» Invero, l'orgoglio di Wagner era ben più luciferino di questo: egli si valutava il culmine e la fine della parabola, pertanto non desiderava affatto essere imitato e quasi considerava un arbitrio che altri adottassero i suoi procedimenti linguistici; fors'anche che dopo di lui si componesse ancora. I quali procedimenti linguistici, peraltro, specie in relazione all'armonia, erano per lui qualcosa di eccezionale, giustificabile solo per necessità espressive altrettanto eccezionali: le sue. Tanto classicista rimase la sua concezione estetica. Che cosa avrebbe detto vedendo nell'autopresentazione d'una piccola operaia parigina – ''Mi chiamano Mimì'' – una sorta di eco semplificata dell'accordo del ''Tristano''? (da ''Le ali di Wieland'', pp. 154-155)
*Non credo in Dio ma mi affido volentieri ai santi. Sono convinto che il [[cristianesimo]] abbia distrutto la potenza e la ricchezza della cultura classica. Il merito della Chiesa cattolica è stato di rovesciare questo cristianesimo delle origini e di aver introiettato nel proprio corpo aspetti fondamentali del paganesimo, di cui i santi sono una delle espressioni più belle e riuscite.<ref>Dall'intervista di Antonio Gnoli, [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/01/07/paolo-isotta72.html ''Paolo Isotta''], ''la Repubblica.it'', 7 gennaio 2018.</ref>
*Quando conobbi [[Giancarlo Cobelli|Cobelli]], ch’era anche un gran signore – a Milano quasi non ce ne sono più – e lo chiamai, come dovevo, “Maestro”, lui mi guardò con quei suoi occhi stupiti: lo stupore di fronte al mondo pareva il suo sentimento dominante, essendo egli riuscito a conservare una caratteristica infantile come per miracolo. “A me? Maestro è Lei!”. Mi venne dettata da San Gennaro una battuta felice: “Allora La chiamerò mon Petit Prince!”, pensando al romanzo di [[Antoine de Saint-Exupéry]], che gli adulti dovrebbero meditare più dei bambini destinatarî. S’illuminò tutto. Me lo ricordo dall’epoca del Mago Zurlì: il pomeriggio si trasmetteva “La tv dei ragazzi”: lui, Nino Castelnuovo e un altro grande, Ferruccio Soleri, facevano i mimi. Quanta ironia e delicatezza!<ref name=Cobelli/>
*Se [[Alban Berg|Berg]] non fosse morto avrebbe trovato un accomodamento col Regime e non sarebbe stato il Wozzeck, derivante dai frammenti ottocenteschi di [[Georg Büchner]], bollato in quanto «arte degenerata.<ref name=wozzeck/>
*Tedesco, [[Herbert von Karajan|Karajan]] aderì al partito nazionalsocialista come tutti i suoi compatrioti, anche artisti sommi. Dopo la guerra pagò duri prezzi non essendosi offerto a penose palinodie, a recite di "pentimenti", a carnevalate di "emigrazione interna" e a processi di "denazificazione". Il suo giudizio su di sé restò chiuso nella coscienza; oggi egli è al cospetto di ben altro Giudice.<ref>Da [http://web.archive.org/web/20080403012825/http://archiviostorico.corriere.it/1998/marzo/21/Ingiusta_immagine_Von_Karajan_nazista_co_0_98032113773.shtml ''Ingiusta l'immagine di Von Karajan nazista e avaro''], ''Corriere della Sera'', 21 marzo 1998, p. 33.</ref>