Ferdinando Martini: differenze tra le versioni

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*Del [[Vincenzo Martini|Martini]] si sapeva che s'era fatto onore nel Collegio Forteguerri di Pistoia, stimandolo il canonico Soldati, latinista di gran fama a quel tempo, uno de' suoi alunni migliori; ed entrato ne' pubblici uffici manteneva l'antico affetto verso la letteratura, in specie drammatica; tanto da esporsi alla ricaduta di una malattia gravissima per udire ancora convalescente la prima recita della ''Sposa Novella'' del Nota; la qual cosa allora fece meraviglia, ed oggi pare addirittura inverosimile a me, che non andrei a sentire una commedia del Nota neanche stando benissimo di salute. (pp. 38-39)
*{{NDR|Vincenzo Martini}} Migliore, secondo i bisogni della scena e i principî dell'arte {{NDR|rispetto alla precedente commedia ''Gli educatori''}}, apparve ''Il marito in veste da camera''; dove fra le inesperienze del principiante si scorsero pennellate da maestro; e quelli che furono sempre i pregi precipui dell'autore, la profonda conoscenza del patriziato fiorentino di quel tempo, la italianità dell'eloquio, la umanità dei caratteri, e il fermo proposito di sacrificare l'applauso del pubblico alla verità dei sentimenti e dei costumi; onde certi ardimenti che al Martini tolsero talvolta la gloriucola dei facili trionfi, preparandogli, s'io non m'inganno, posto non inonorato nella storia della nostra letteratura drammatica. (pp. 54-55)
*Appena i [[Comicità|comici]] rimettono fuori la testa dal lago d'acqua benedetta di cui l'ascetismo cristiano inondò il medio evo, eccoti contro di loro, lega formidabile, i padri, i santi, i sinodi, i concilî, i papi, i re, i parlamenti; fioccano sopra di essi decreti, leggi, scomuniche. Per san Tommaso non c'è nessuna differenza fra un attore e una cortigiana; per Filippo Augusto, dare ai comici è come dare al diavolo. Vadano essi intanto a piantare le loro baracche lontano dalla corte, dai tribunali, dalle scuole, dalle chiese; intanto; col tempo li coglierà più rabbiosa che mai l'ira dei vescovi ortodossi e la pedantesca austerità dei giansenisti. (pp. 192-193)
*Se fra gli autori comici le opere dei quali voi volete, per la maggior gloria dell'arte e dell'Italia, esumare, ve ne ha uno il quale difetti di tutti i requisiti necessari a uno scrittore drammatico, gli è appunto [[Alberto Nota]], soprannominato quarant'anni sono il Terenzio piemontese non so da chi, ma probabilmente da qualcuno che aveva le sue ragioni per fare un postumo oltraggio all'amico di Scipione Emiliano. (p. 225)
*Non lo spirito di osservazione e la malizia di Gherardo de' Rossi; non la originalità né la festevolezza di Giovanni Giraud; non la conoscenza degli effetti né la padronanza scenica di Francesco Augusto Bon, neanche il comico volgaruccio di Angelo Brofferio; il Nota non ha nulla. [...]. Non un personaggio suo che sia di carne e di ossa; non breve squarcio di dialogo scritto da lui che sia vero per sostanza o per forma. Quali intenti si proponesse scrivendo non si capisce; [...]. (pp. 225-226)