Giuseppe Berto: differenze tra le versioni

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*''Misurata, 11 settembre 1942''. [...] Quindi siamo andati a casa di un funzionario della residenza, dove abbiamo giocato e ascoltato [[radio Londra]]. Il commentatore di radio Londra, col tono indisponente che gli è abituale, ha parlato delle batoste che abbiamo prese ai primi di settembre, e di quelle molto più grosse che prenderemo tra poco, quando l'8ª armata sferrerà l'attacco decisivo. Certo, ci può essere del vero in quanto va dicendo la radio nemica, ma per lo più si tratta di propaganda, che non influisce sul nostro morale. Per questo possiamo permetterci di ascoltarla, anche se è proibito. (pp. 19 e 21)
*Gli ho chiesto che ci fosse da fare qui, e mi ha risposto: i bagni. E poi, più seriamente: mimetizzati. Pare infatti che i superiori comandi siano piuttosto pignoli in fatto di [[camuffamento militare|mimetizzazioni]]. Il mio predecessore ha dovuto rifare cinque volte la mimetizzazione della piazzola sul promontorio, con criteri sempre nuovi e, almeno dal punto di vista dei superiori, sempre sbagliati. Bisogna ottenere una assoluta invisibilità sia dal mare che dal cielo, però succede che se si copre la piazzola per nasconderla agli aerei, la vedono dal mare, e viceversa. A me sembrano tutte cretinerie. (p. 24)
*Ora siamo accampati presso l'[[Arco dei Fileni]], uno strano monumento in pieno deserto, che segna il confine tra la Cirenaica e la Tripolitania. (p. 49)
*Ho avuto così occasione di assistere, e modestamente partecipare, ad un memorabile [[saccheggio]]. Il magazzino di Miani è costituito da una ventina di capannoni, e da altri grossi depositi di viveri a terra, cintati da un alto e lunghissimo muro. Quando vi arrivai io, il saccheggio era ormai giunto ad uno stadio avanzatissimo: parecchi capannoni già bruciavano. Tra una grande confusione di urla, crolli e spari, una folla di militari, borghesi nazionali ed arabi correva da una parte all'altra, affannandosi ad arraffare ciò che faceva loro più comodo, e caricavano autocarri, carretti, cammelli, asini, oppure se ne andavano portandosi sulle spalle sacchi di farina o di zucchero, che si vuotavano mezzi per la strada, lasciando sul terreno interminabili scie bianche. (p. 70)
*Si diceva che fossero stati gli arabi a dare l'[[saccheggio|assalto]] al magazzino, sostenendo una vera battaglia contro i soldati di guardia, insufficienti a difendere il lungo perimetro delle mura. Ma forse era stato il nostro stesso comando-piazza ad abbandonare quell'enorme quantità di materiali: dato che non è possibile trasportarli altrove, è meglio che siano depredati, piuttosto che finiscano in mano al nemico. (p. 70)
*Poi ci recammo nel reparto viveri. I miei militi, allenati ai trafugamenti di scarsa importanza. qui si sentivcano smarriti, schiacciati dall'enormità del [[saccheggio]]. Anche noi ci mettemmo a correre da un deposito all'altro, in cerca di roba pregiata. (p. 71)
*''Sud di Zuara, 23 gennaio 1943''. [...] Ricordo vagamente d'aver passato [[Zawiya (città)|Zavia]]: un viale di enormi alberi scuri, forse eucaliptus, e quell'impressione di civiltà e pulizia che almeno di notte, danno le nostre cittadine della Libia. (pp. 82 e 84)
*''Fronte del Mareth, 27 gennaio 1943''. [..] A [[Médenine|Medenine]], prima cittadina della Tunisia, ci fermammo per oltre un'ora, mentre il comandante andava in cerca di qualcuno che gli dicesse dove dovevamo andare. La città è molto diversa dalle nostre della Libia: più brutta, ma in un certo senso più solida. Le nostre erano degli scenari molto belli e curati, dove si aveva l'impressione che si svolgesse una vita fittizia. Qui invece si vede che un contadino, un bottegaio o un barbiere sono tali anche senza essere sovvenzionati dal governo. È anche vero però che i francesi di trovano qui da molto più tempo. (pp. 88-89)