Anthony Riches: differenze tra le versioni

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«''Silenzio!'' Silenzio per il re!».<br>
Re Naradoc dei Veniconi accennò un sorriso a quel comando rituale, solitamente rivolto alla rumorosa folla di guerrieri che affollava la sala del trono quando dava udienza al suo popolo. A quei tempi, quando i nobili della tribù si riunivano per rendere omaggio al loro sovrano, la sala si riempiva del rumore degli uomini che facevano a gara per essere visti e sentiti, ciascuno accompagnato da mezza dozzina dei più grossi e temibili guerrieri del proprio seguito. Tutti avevano il corpo ricoperto dei vorticosi tatuaggi blu che erano il tratto distintivo della tribù e ognuno lasciava le armi davanti all'immensa entrata ad arco, sotto lo sguardo vigile della guardia del re. I campioni tatuati di ciascun clan socializzavano tra loro mentre aspettavano l'arrivo del sovrano; amicizie e ostilità trovavano espressione in scambi faceti che tutte le parti sapevano sarebbero culminati in rapide punizioni se non si fossero limitati alle parole, per quanto velenose. Una mazza ferrata, che l'arcigno Brem dal capo rasato, zio di Naradoc nonché tutore della volontà reale, batteva sulle solide assi del pavimento, faceva piombare nel silenzio i capi clan riuniti. Girandosi coemcome un sol uomo, si inchinavano verso il trono sul quale Naradoc aveva già preso posto e, con un gesto regale, mostrava di accettare la loro obbedienza.<br>
Ma non quel giorno. Mentre la sala era avvolta dal fumo dei fuochi che, come al solito, la scaldavano, l'ampio spazio davanti al trono del re era vuoto. Era stato Brem a suggerire di tenerlo sgombro per quell'udienza; l'espressione dell'uomo più anziano era stata imperscrutabile quando si era espresso in merito alla morte da infliggere all'ospite indesiderato.<br>
«Sarebbe meglio non versare in pubblico il sangue di quest'uomo, mio re. I Selgovi non prenderanno alla leggera il suo assassinio, nonostante sia stato disonorato e bandito».<br>