Platone: differenze tra le versioni

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*D'altro canto, nemmeno gli ignoranti amano la sapienza, né desiderano diventare sapienti. Proprio in questo, difatti, l'ignoranza è insopportabile, nel credere da parte di chi non è né bello né eccellente, e neppure saggio, di essere adeguatamente dotato. Chi non ritiene di essere privo, dunque, non desidera ciò di cui non crede di aver bisogno.
*E come un soffio di vento o un'eco, rimbalzando da superfici levigate e solide, viene rinviata al punto di emissione, così il flusso della [[bellezza]], arrivando nuovamente al bell'amato attraverso gli occhi, che sono la via naturale per arrivare all'anima, come vi è giunto e l'ha eccitata al volo, irrora i condotti delle ali, stimola il formarsi delle ali e colma d'amore l'anima, a sua volta, dell'amato.
*E quando [[Socrate]] ebbe detto queste cose, i presenti applaudirono; [...]<br />e d'un tratto fu picchiato alla porta del cortile, che fece gran rumore, per opera – sembrava – di una brigata allegra, ed essi udirono la voce di una flautista [...]<br />E non molto dopo udirono la voce di Alcibiade dal cortile: era completamente ubriaco e gridava forte domandando dove fosse [[Agatone]] e pretendendo che lo si conducesse da Agatone.<br />Sorreggendolo, dunque, la flautista e alcuni altri del suo seguito lo condussero dai presenti; e lui si fermò sulla porta, cinto da una fitta corona d'edera e di violette, e con una gran quantità di nastri sul capo, e disse: – Vi saluto, signori: volete accettare come compagno nel bere un uomo ubriaco fradicio, oppure dobbiamo andarcene...?<br />...giungo adesso, con i nastri sul capo per toglierli dal mio capo e inghirlandare il capo del più sapiente e del più bello.<br />Riderete forse di me perché sono ubriaco? Eppure io, anche se voi ridete, so bene di dire la verità... (212 c, d, e, traduzione di Giorgio Colli)
*Infatti ognuno diventa [[poeta]], anche se prima era privo di ispirazione, quando Eros lo tocca.<ref>Citato in Paola Mastellaro, ''Il libro delle citazioni latine e greche'', Mondadori, Milano, 2012, p. 27. ISBN 978-88-04-47133-2.</ref> (196 e)
*Lui stesso, per lui stesso, con lui stesso, — omogeneo eterno.<ref>Citato in [[Edgar Allan Poe|Edgar Allan Poe]], "[[s:it:Morella|Morella]]", ''Storie incredibili'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, Milano, Tipografia Pirola, 1869.</ref>
:... esso stesso, per se stesso, con se stesso, eternamente UNO.<ref>Citato in E.A. Poe, "Morella", ''Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore'', traduzione di Isabella Donfrancesco, Newton Compton, 2010. ISBN 9788854125605</ref>
*Poiché, dunque, è figlio di Poro e di Penìa, ad Amore è toccata la sorte seguente. In primo luogo è sempre povero e ben lontano dall'essere delicato e bello, come credono i più, anzi è duro e lercio e scalzo e senza tetto, abituato a coricarsi in terra e senza coperte, dormendo all'aperto sulle porte e per le strade e, avendo la natura di sua madre, è sempre di casa col bisogno. Per parte di padre, invece, è insidiatore dei belli e dei buoni, coraggioso, audace e teso, cacciatore terribile, sempre a tramare stratagemmi, avido di intelligenza e ingegnoso, dedito a filosofare per tutta la vita, terribile stregone, fattucchiere e sofista. E per natura non è né immortale né mortale, ma ora fiorisce e vive nello stesso giorno, quando gli va in porto, ora invece muore e poi rinasce nuovamente in virtù della natura del padre. E infatti l'oggetto dell'amore è ciò che è realmente bello, grazioso, perfetto e invidiabilmente beato, mentre l'amante ha un altro aspetto, quale quello che ho esposto.