Emil Cioran: differenze tra le versioni

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*Dio ha creato il mondo per paura della solitudine; è questa l'unica spiegazione possibile della Creazione. La sola ragion d'essere di noi creature è di ''distrarre'' il Creatore. Poveri buffoni, dimentichiamo che stiamo vivendo i nostri drammi per divertire uno spettatore di cui finora nessuno al mondo ha sentito gli applausi. E se Dio ha inventato i santi – come pretesti di dialogo – lo ha fatto per alleggerire un po' di più il peso del suo isolamento.<br>Quanto a me, la mia dignità esige che io gli opponga altre solitudini, altrimenti non sarei che un giullare in più. (2002, p. 35)
*Cominciamo a sapere che cosa sia la solitudine quando ascoltiamo il silenzio delle cose. Capiamo allora il segreto sepolto nella pietra e ridestato nella pianta, il ritmo celato o invisibile dell'intera natura. Il mistero della solitudine deriva dal fatto che per questa non esistono creature inanimate. Ogni oggetto ha un suo linguaggio, che ci è dato decifrare col favore di un silenzio senza eguali. (2002, pp. 36-37)
*Dio si insedia nei vuoti dell'anima. Sbircia i deserti interiori, perché a somiglianza della malattia egli predilige occupare i punti di minor resistenza. <br>Una creatura armoniosa non può credere in Lui. Sono stati i poveri e gli infermi a «lanciarlo», ad uso e consumo di chi si tormenta e dispera. (2002, p. 37)
*Se la verità non fosse così tediosa, la scienza avrebbe fatto presto a mettere da canto Dio. Ma Dio, come i santi, è un'occasione per sfuggire all'opprimente banalità del vero. (2002, p. 39)
*Che non ci sia abbastanza sofferenza, quaggiù? Così si direbbe, a giudicare dallo zelo dei santi, esperti nell'arte dell'autoflagellazione. Non vi è santità senza una voluttà della sofferenza e senza una raffinatezza sospetta. La santità è una perversione senza eguali, un vizio del cielo.
*''Tutto è niente'' – questa la rivelazione iniziale dei conventi. Così iniziacomincia la [[mistica]]. Tra il niente e Dio c'è meno di un passo, perché Dio è l'espressione positiva del niente. (2002, p. 41)
*Perché si pensa così di rado ai [[Cinismo (filosofia)|cinici]]? Non sarà perché hanno ''saputo tutto'', e hanno tratto tutte le conseguenze di questa suprema indiscrezione? <br>Forse è più comodo dimenticarli. Perché la loro mancanza di riguardi per l'illusione ne fa delle menti avide di insolubile. (2002, p. 48)
*La [[religione]] è un sorriso che plana sopra un non-senso generale, un profumo residuo sopra un'onda di nulla. È per questo che, quando è a corto di argomenti, la religione ripiega sulle lacrime. Esse sole possono, a questo punto, assicurare, sia pure di poco, l'equilibrio dell'universo e l'esistenza di Dio. Una volta esaurite le lacrime, anche il desiderio di Dio scomparirà. (2002, pp. 52-53)
*In fondo ci siamo soltanto Lui e io. Però il suo silenzio ci invalida entrambi. Può anche darsi che non sia mai esistito niente.<br>Posso morire con la coscienza tranquilla, perché da Lui non mi aspetto più niente. Il nostro incontro ha aumentato il nostro isolamento. Ogni esistenza è una prova supplementare del nulla di Dio. (2002, p. 53)
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*L'ossessione divina espelle l'amore terrestre. Non si può amare appassionatamente una donna e Dio nello stesso tempo. La mescolanza di due erotiche irriducibili crea un'oscillazione interminabile. Una donna può salvarci da Dio, come Dio ci può liberare da tutte le donne.
*Tutto manca di sostanza, e la vita è soltanto una piroetta nel vuoto. (p. 58)
*Dopo aver letto tutti i filosofi più profondi sentiamo il bisogno di ricominciare da zero. Soltanto la musica ci dà risposte definitive. (p. 60)
*Il dovere di un uomo solo è di essere ancora più solo. (2002, p. 66)
*Impossibile amare Dio altrimenti che odiandolo! Se in un processo senza precedenti venisse provata e messa a verbale la sua inesistenza, nulla mai potrebbe sopprimere la rabbia – un miscuglio di lucidità e di demenza – di chi ha bisogno di Dio per estinguere la propria sete d'amore e più spesso di odio. Che cosa è Dio, se non un momento sul limitare della nostra distruzione? E che cosa importa se esiste o no, se per mezzo suo la nostra lucidità e la nostra follia si bilanciano e noi ci plachiamo avvinghiandoci a lui con passione assassina?