George Steiner: differenze tra le versioni

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*Essere un critico significa: essere in grado di distinguere.<ref name=Riem/>
*Heidegger è il grande maestro della meraviglia, l'uomo il cui stupore di fronte al semplice fatto che noi siamo invece di non essere ha posto un luminoso ostacolo sul sentiero dell'ovvio. (da ''Heidegger'')
*In tutte le geremiadi di [[Emil Cioran|Cioran]] c'è una minacciosa faciloneria. Non c'è bisogno di nessun pensiero analitico profondo, di nessuna particolare familiarità con l'argomento, né di lucidità, per pontificare sul "marciume", sulla "cancrena" dell'uomo e sul cancro terminale della storia. Non solo sono facili da scrivere, ma gratificano lo scrittore con il tenebroso incenso dell'oracolarità. Basta volgersi all'opera di Alexis de [[Tocqueville|Tocqueville]], di Henry Adams o di [[Arthur Schopenhauer|Schopenhauer]] per constatarne la drastica diversità. Sono maestri di una chiaroveggente tristezza non meno totalizzante di quella di Cioran. La loro interpretazione della storia non è più rosea. Ma le ragioni che adducono sono scrupolosamente argomentate, non declamate; sono pervasi, a ogni nodo e articolazione delle idee proposte, da una percezione esatta della natura complessa e contraddittoria delle testimonianze storiche. I dubbi espressi da questi pensatori, le riserve che accompagnano le loro stesse convinzioni, rendono onore al lettore. Non pretendono un'ottusa acquiescenza o un'eco compiacente, ma un ripensamento e una critica.<ref>Da ''Tagliare corto'', ''New Yorker'', 16 aprile 1964, poi in ''Letture. {{small|George Steiner sul New Yorker}}'', introduzione e cura di Robert Boyers, traduzione di Fiorenza Conte, Garzanti, Milano, 2010.</ref>
*Invitare gli altri al significato.<ref name=Riem/>
*L'era del [[libro]] è quasi finita.