Anna Banti: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Freddy84 (discussione | contributi)
Freddy84 (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Riga 4:
===Incipit===
Un filo d'impercettibile repiro sale al cervello vacillante che sta per spegnersi; e questa è la morte, non si torna indietro. C'è nero brulichio, qualche lampo guizza e si disfa nella polvere di un chiarore lontano. Vede, ma cosa non sa. Non ha corpo, non sostanza, non spessore. Il buio si condensa, lo soffoca, lo schiaccia con la prepotenza dell'immobilità. Senza lacrime, piange.<br><br>Un grido lacerante squarcia il tempo rinato: un budello infimo che sussulta come può, senza gola né orecchie, e il grido dopo un attimo riecheggia. Laggiù, sul suo letto, svanisce il suo corpo rigido, accanto qualcuno seguita a urlare, mentre si agita e ansima una massa enorme. Una voce chiara e forte proclama:<br><br>È una bellissima bambina.<br><br>D'un tratto capisce. Non dunque il ritorno alla cara vita, ai cari volti desolati. Uno sbaglio. Una caduta fra i mostri. Da una piccola rossa fessura spalancata esce un suono strozzato: la sua voce, mentre mani gigantesche battono il grumulo di carne che ha cominciato a respirare. Dunque un neonato, scivolato giù fra ignote presenze. Per fortuna la morte ritorna. Ma non è morte, è sonno.
 
===Citazioni===
*Nello smantellamento dei suoi libri Agnese impiegò parecchio tempo fra volere e disvolere. Lavorava soffrendo. Le tre mogli infelici, vittime di mariti crudeli e mai contente di narrarne scrupolosamente i misfatti, furono agevolmente convertite in isteriche maniache, calunniatrici di uomini un po' strambi, come, del resto, gran parte degli uomini. Fra loro una matura nubile pronunciava ogni tanto parole ragionavoli, umane. I fatti narrati erano se non proprio autentici, probabili, ma ripensandoli, Agnese si sentiva coinvolta in un partito preso, in un'ira soffocata che aveva conosciuto in gioventù nel comportamento delle sue coetanee: lei che dal presente aveva sempre voluto astrarsi. Dunque avevano ragione quelli che l'avevano accusata di femminismo, la parola che lei detestava. E qui, immergendosi in una intensa riflessione, si scavava a fondo, volta a volta deplorandosi o giustificandosi. No, lei non aveva reclamato altro che la parità della mente e la libertà del lavoro, ciò che tuttora, da anziana contestatrice, la tormentava. Aveva amato pochi uomini, anzi un uomo solo, ma pochissime donne, e quelle poche, riunite in una favola, sempre la stessa: il mito dell'eccezione contro la norma del conformismo. E poiché l'eccezione s'era resa inafferrabile, l'aveva inventata lei, per donarla malinconicamente a una ragazza antica senza volto, che voleva suonare la propria musica e glielo proibivano. Ecco, questa ragazza lei non aveva il coraggio di distruggerla: l'aveva mandata lontano, al di là del mare o in fondo al mare. (Pagg. 112 - 113)
 
{{NDR|Anna Banti, ''Un grido lacerante'', Rizzoli Editore 1981.}}