L'Anti-Edipo: differenze tra le versioni
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*[[Hitler]] annienta il padre e scatena in sé le forze della madre-cattiva, [[Martin Lutero|Lutero]] interiorizza il padre e stabilisce un compromesso col [[superego]]. Dall'altra parte si ha la folla, anch'essa definita edipicamente, da immagini parentali di second'ordine, collettive; l'incontro può dunque aver luogo, Lutero e i [[cristiano (religione)|cristiani]] del XVI secolo, Hitler e il [[tedeschi|popolo tedesco]], in corrispondenze che non implicano necessariamente l'identità (Hitler svolge il ruolo di padre per «trasfusione omosessuale», e rispetto alla folla femminile; Lutero svolge il ruolo di [[donna]] rispetto al Dio dei cristiani). (p. 113)
*Non è per metafora, neanche per metafora paterna, che Hitler faceva arrapare i [[fascismo|fascisti]]. Non è per metafora che un'operazione di [[banca]] o di [[borsa]], un titolo, una cedola, un credito fanno arrapare persone che non sono solo semplicemente banchieri. (p. 116)
*[[Friedrich Engels|Engels]] rendeva omaggio al genio di [[Johann Jakob Bachofen|Bachofen]], per aver riconosciuto nei miti le figure del diritto materno e del diritto paterno, le loro lotte e i loro rapporti. Ma insinua un rimprovero che cambia tutto: si direbbe veramente che Bachofen ci crede, che crede nei [[mito|miti]], nelle [[Erinni]], in [[Apollo]], in [[Atena]]. Lo stesso rimprovero si rivolge ancor più agli [[psicoanalista|psicanalisti]]: si direbbe che ci credano, al mito, ad [[Edipo]], alla castrazione. Essi rispondono: non si tatta di sapere se ci crediamo noi, ma se l'inconscio stesso ci crede. Ma cos'è questo inconscio ridotto allo stato di credenza? Chi gli
*La questione del padre è come quella di Dio: nata dall'astrazione, essa suppone rotto il legame tra [[uomo]] e [[natura]], il legame tra uomo e [[mondo]], cosicché l'uomo deve essere prodotto come uomo da qualcosa di esterno alla natura e all'uomo. Su questo punto [[Nietzsche]] fa un'osservazione del tutto simile a quelle di [[Marx]] o di Engels: «Scoppiamo dal ridere al solo vedere fianco a fianco l'uomo e il mondo, separati dalla sublime pretesa della paroletta ''e''»<ref>{{NDR|Nota presente nel medesimo testo da cui è tratta la citazione}} <small>F. NIETZSCHE</small>, ''La gaia scienza'', V, § 346 (e <small>MARX</small> ''Economia e filosofia'' [trad. franc., vol. II, pp. 88-90]).</ref> (p. 119)
*La questione di E.Balzas, perché il [[capitalismo]] non sia nato in Cina nel <small>XIII</small> secolo, quando tutte le condizioni scientifiche e tecniche sembravano tuttavia poste, trova risposta nel fatto che lo Stato chiudeva le miniere non appena le riserve di metallo erano giudicate sufficienti, e conservava un monopolio o controllo stretto del commercio (il commerciante come funzionario)<ref>{{NDR|Ibid. nota precedente}} E. Balzas, ''La bureaucratie céleste'', Paris 1968, cap. <small>XIII</small>: ''La nascita del capitalismo in Cina'' (soprattutto lo Stato e il danaro, e l'impossibilità per i mercanti di conquistare un'autonomia, pp. 229-30). A proposito delle formazionii imperiali fondate sul controllo del commercio più che sui grandi lavori per esempio nell'Africa nera cfr. le osservazioni di <small>GODELIER</small> e di <small>SURET-CANALE</small>, ''Sur le mode de production asiatique'', Paris 1969, pp. 87-88, 120-22.</ref>. Il ruolo del [[danaro]] nel commercio dipende meno dal commercio stesso che dal suo controllo da parte dello [[Stato]]. Il rapporto del commercio col danaro è sintetico e non analitico. E, fondamentale, il danaro è indissociabile non dal commercio, ma dall'imposta come mantenimento dell'apparato di Stato. Basandosi sulle ricerche di Will, M. Foucault mostra come, in certe tirannidi greche, l'imposta sugli aristocratici e la distribuzione di danaro ai poveri erano un mezzo per ricondurre il danaro ai ricchi, per allargare singolarmente il regime dei debiti, per renderlo ancora più forte, prevenendo e reprimendo ogni riterritorializzazione possibile attraverso i dati economici del problema agrario<ref>{{NDR|Ibid. nota precedente}} <small>M. FOUCAULT</small>, ''La volonté de savoir'', corso tenuto al Collège de France, 1971.</ref>. (Come se i Greci avessero scoperto a loro modo ciò che gli Americani ritroveranno dopo il New Deal: che pesanti imposte di Stato sono propizie ai buoni affari). Insomma, il danaro, la circolazione del danaro, ''è il modo per rendere il debito infinito''. Ed ecco quel che celano i due atti di Stato: la residenza o territorialità di Stato inaugura il grande movimento di deterritorializzazione che subordina tutte le filiazioni primitive alla macchina dispotica (problema agrario); l'abolizione dei debiti o la loro trasformazione contabile preparano un servizio di Stato interminabile che subordina a sé tutte le alleanze primitive (problema del debito). Il creditore infinito, il credito infinito ha sostituito i blocchi di debito mobili e finiti. C'è sempre un [[monoteismo]] all'orizzonte del dispotismo: il debito diventa ''debito d'esistenza'', debito dell'esistenza dei soggetti stessi. Viene il momento in cui il creditore non ha ancora prestato mentre il debitore non cessa di rendere, poiché rendere è un dovere, mentre prestare è una facoltà, come nella canzone di [[Lewis Carroll]], la lunga canzone del debito infinito:<br/><small>Un uomo può certo richiedere il dovuto,<br/>ma quando si tratta di un prestito,<br/>può allora scegliere<br/>il tempo che più gli aggrada</small><ref>{{NDR|Ibid. nota precedente}} <small>L.CARROL</small>, ''Silvia e Bruno'', cap.<small>XI</small></ref>. (pp. 221-222-223)
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