Arthur Schopenhauer: differenze tra le versioni

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*La [[cortesia]] è per la natura umana quello che è il calore per la cera. (da ''Parerga e paralipomeni'')
*La [[giovinezza]] senza la bellezza ha pur sempre del fascino; la bellezza senza la giovinezza non ne ha alcuno. (da ''L'arte di insultare'')
*La soddisfazione dell'istinto [[sesso|sessuale]] è in sé assolutamente riprovevole, in quanto è la più forte affermazione della vita. Ciò vale sia nel matrimonio che al di fuori di esso. Ma il secondo caso è doppiamente riprovevole, in quanto è al tempo stesso negazione dell'altrui volontà: alla ragazza infatti ne deriverà direttamente o indirettamente sventura; e l'uomo dunque soddisfa la sua voglia a spese della felicità di altri. (da ''Manoscritti'', 1815)
*Le altre parti del mondo hanno le scimmie; l'[[Europa]] ha i francesi. La cosa si compensa. (da ''L'arte di insultare'')
:Se le altre parti del mondo hanno le scimmie, l'Europa ha i francesi. (da ''Il mondo come volontà e rappresentazione'')
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*Mentre per l'uomo comune il proprio patrimonio conoscitivo è la lanterna che illumina la strada, per l'uomo geniale è il sole che rivela il mondo. (da ''Il mondo come volontà e rappresentazione'')
*Nella [[tragedia]] vediamo le creature più nobili rinunziare, dopo lunghi combattimenti e lunghe sofferenze, ai fini perseguiti con accanimento, sacrificare per sempre le gioie della vita, oppure sbarazzarsi liberamente con gioia del peso dell'esistenza medesima… bisogna tenere bene a mente, se si vuol comprendere l'insieme delle considerazioni presentate in quest'opera, che quest'opera suprema del supremo genio poetico ha il fine di mostrare il lato terribile della vita, i dolori senza nome, le angosce dell'umanità, il trionfo dei malvagi, il poter schernitore del caso, la disfatta irreparabile del giusto e dell'innocente; nel che si ha un indice significativo della natura del mondo e dell'esistenza. (da ''Il mondo come volontà e rappresentazione'')
*Nel [[Nuovo Testamento]] si parla del mondo come di qualcosa di estraneo, che non si ama, dominato dal [[diavolo]]. Questo coincide con lo spirito ascetico della negazione del proprio Sé e del superamento del mondo, che insieme all'illimitato [[amore]] per il prossimo, addirittura per il [[nemico]], è la caratteristica che il cristianesimo ha in comune con il bramanesimo e il buddismo, e ne dimostra l'affinità. (da ''Il mondo come volontà e rappresentazione'', II vol., ediz. del 1859, pag. 801)
*Nessun essere, eccetto l'uomo, si stupisce della propria esistenza; per tutti gli animali essa è una cosa che si intuisce per se stessa, nessuno vi fa caso. Nella pacatezza dello sguardo degli animali parla ancora la saggezza della natura; perché in essi la volontà e l'intelletto non si sono ancora distaccati abbastanza l'uno dall'altro per potersi, al loro reincontrarsi, stupirsi l'uno dell'altra. Cosí qui l'intero fenomeno aderisce ancora strettamente al tronco della natura, dal quale è germogliato, ed è partecipe dell'inconsapevole onniscienza della grande Madre. Solo dopo che l'intima essenza della natura (la volontà di vivere nella sua oggettivazione) s'è elevata attraverso i due regni degli esseri incoscienti e poi, dopo essere passata, vigorosa ed esultante, attraverso la serie lunga e vasta degli animali, è giunta infine, con la comparsa della ragione, cioè nell'uomo, per la prima volta alla riflessione: allora essa si stupisce delle sue proprie opere e si chiede che cosa essa sia. La sua meraviglia, però, è tanto più seria, in quanto essa si trova qui per la prima volta coscientemente di fronte alla morte, e, accanto alla caducità di ogni esistenza, le si rivela anche, con maggiore o minore consapevolezza, la vanità di ogni aspirazione. Con questa riflessione e con questo stupore nasce allora, unicamente nell'uomo, il bisogno di una metafisica: egli è dunque un ''animal metaphysicum''. (da ''Il mondo come volontà e rappresentazione'', citato in Umberto Antonio Padovani, Andrea Mario Moschetti, ''Grande antologia filosofica'' – Marzorati, Milano, 1971)
*''Operari sequitur esse, ergo unde esse inde operari.'' (da ''La libertà del volere umano'', Laterza)