Ippolito Nievo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
fix collegamenti interrotti
Riga 6:
* Balzerò a Milano a conferire col Valussi, per un certo giornale che si vuol fondare con grande solennità, intitolato ''La Perseveranza''. Non ti annoja solo col titolo? Ti annojerà molto più quando tu sappia che altro dei redattori sarà il signor [[Carlo Tenca|Tenca]]. A quanto pare, vorrebbero arrolar me per ''primo attor giovine''; ma io temo di non essere fatto per ''incasermarmi'' nella redazione d'un giornale e così andrò a rischio di restar sempre un ''franc chasseur'' o uno straccivendolo della letteratura. Venderò cenci, ma miei.<ref>Da Ippolito Nievo, ''Opere'', ''vol. V''I,a cura di Marcella Gorra, Milano, Mondadori, 1981, p. 622. Lettera a Bice Gobio Melzi, da Modena, 11.11.59; corsivo nel testo.</ref>
 
* Chi non ricorda le magnanime tragedie delle carceri e dei supplizi di [[Mantova]], dove Veneti e Lombardi riconsacrarono il loro voto di concordia con anni comuni di patimenti e con eroismo di martirio? La politica radeva servilmente il suolo allumacato della realtà, ed esse quelle anime indomabili tentavano con penne d'aquila delle altezze quasi empiree della libertà e della fede. Lottarono contro l'impossibile e non furono vinte perché ricrovaronoritrovarono in cielo il loro culto di libertà, la giurata indipendenza dell'umana ragione, e l'inviolabilità dei loro santi diritti e di uomini e di italiani. Tutte le opinioni li chiamarono [[Martiri di Belfiore|martiri]] {{NDR|di Belfiore}}; l'Europa pianse e meditò forse una tarda giustizia sulle loro tombe; certo il loro sangue fruttificava la virtù e la vendetta.<ref>Da I. Nievo, ''Venezia e la libertà d'Italia'' in ''Due scritti politici'', a cura di M. Gorra, Padova, Liviana, 1988, p. 96.</ref>
 
*Come vedi, la mia Musa sta molto sul positivo, ama i dettagli della vita pratica, e o trascura o sdegna i voli lirici e sentimentali dei poeti Pratajuoli: credo d'aver scelto la via se non più brillante almeno più utile. E poi mi sta dinnanzi quel grande esemplare del [[Giuseppe Giusti|Giusti]] che m'insegna il modo d'adoperarsi perché il verseggiare non sia un'inutilità sociale.<ref>Dalla lettera ad Andrea Cassa, 14 febbraio 1854; in ''Lettere'', a cura di Marcella Gorra, Mondadori, Milano, 1970, n. 147, p. 264.</ref>