Seamus Heaney: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Séamus Heaney==
*''Come se fosse stato versato | nel catrame, giace | su un guanciale di torba | e sembra piangere || Il fiume nero di se stesso. ''[...]'' || Chi può dire "cadavere" | al suo vivido stampo? | E chi può dire "corpo" | al suo opaco riposo? || E i suoi capelli arrugginiti, | un pelo improbabile | come quello di un feto. | Dapprima vidi il suo volto contorto || in una fotografia, | testa e spalla | emergenti dal fango, | un neonato ferito dal forcipe. || Ma adesso riposa completo | nella mia mente, | giù fino al corno rosso | delle unghie, || sospeso alle incrostazioni | con bellezza e atrocità: | insieme al "[[w:Galata morente|Gallo morente]]", | troppo aggrappato || al suo scudo, | insieme al peso reale | di ogni vittima incappucciata, | squarciata e scaricata.'' (da L'''[[Uomo di Grauballe]]'', in ''Scavando. {{small|Poesie scelte (1866-1990)}}'', a cura di [[Franco Buffoni]], Fondazione Piazzolla, Roma, 1991, pp. 70-71.</ref>
*''Da riportare indietro là fino al tempio in un'alba | quando il mare stende le sue lontane messi solari verso il sud | ed io faccio una nuova offerta mattutina: | ''che io possa sfuggire il miasma del sangue versato, | frenare la lingua, temere l'[[hybris]], temere il dio | fino a che egli parli con la mia bocca ormai sciolta.''<nowiki></nowiki>'' (''Pietra di Delfi''<ref>In ''Station Island'', a cura di Gabriella Morisco, traduzioni di Gabriella Morisco e Anthony Oldcorn, Edizione CDE, Milano, p. 21.</ref>)
*''Giacevo in attesa | tra la superficie di torba e le mura | del regno, tra strati di erica | e pietre aguzze taglienti. || Il mio corpo era leggibile | dalle influenze striscianti: | mi brancolava sul capo il sole dell'alba | e si raffreddava ai miei piedi. || Attraverso le vesti e la pelle | mi digeriva | la linfa dell'inverno, | e le radici illetterate || ponderavano e morivano | nelle cavità | dello stomaco e degli occhi. | Giacevo in attesa || sul fondo ghiaioso, | col cervello che si oscurava, | un vasetto di micelio | fermentante sottoterra || sogni di ambra baltica. | Resti di bacche sotto le unghie, | il groppo vitale che si riduce | nel cavo del ventre. || Si corrose il mio [[diadema]] | e le gemme caddero | nel banco di torba galleggiante | come le connessioni della storia.'' (da ''La Regina della palude, North''; in ''Scavando'', ''Poesie scelte (1866-1990)'', a cura di [[Franco Buffoni]], Fondazione Piazzolla, Roma, 1991, pp. 63-64)
*Il [[poeta]] [[Orfeo]] canta alle creature e le incanta, e tutti dicono oh!, non fanno altro che cadere in ''trance''. Quello è un possibile tipo di scrittura, lo scrittore come incantatore. Ma non basta nel caso dello scrittore come abitante della realtà. Ecco perché [[Platone]] ce l'aveva con il poeta, a causa di questo «fattore incantesimo», perché la mente dell'ascoltatore s'addormentava, e lui passava sul pilota automatico come essere umano. Ora, l'artista nel pieno della sua forza, e la risposta all'arte pienamente viva, supera l'incantesimo e si volge verso quello che [[William Butler Yeats|Yeats]] chiama la «desolazione della realtà». E qui c'è un altro Orfeo, non quello che tira la corda dell'arpa che addormenta tutti, ma un Orfeo che si confronta con i fatti della vita e della morte, che scende negli inferi, che sfida sempre la morte ma non riesce mai a sopraffarla, che non riesce mai a rendere la perfezione un tutto perfettamente coerente. (da ''Tra Nord e Sud: Deviazioni poetiche. Intervista con [[Richard Kearney]]''<ref>In ''Attraversamenti, {{small|con nuovi inediti e un'intervista al poeta}}'', a cura di Anthony Oldcorn, postfazione di Jacopo Ricciardi, disegni di Enrico Della Torre, Libri Scheiwiller − {{sic|PlayOn}}, Milano, 2005, pp. 81-82. ISBN 88-7644-467-X</ref>)