Giovanni Miccoli: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Giovanni Miccoli==
==''I monaci''==
*{{NDR|Su [[Benedetto d'Aniane]]}} Il suo costante disegno, come scrisse il suo discepolo e biografo Ardone Smaragdo, fu di realizzare all'interno della comune professione una comune prassi di vita quotidiana (''consuetudo''), nell'osservanza di un'unica comune regola. Ma il suo successo sarebbe impensabile senza l'appoggio politico e l'imponente sostegno finanziario che soprattutto [[Carlo Magno|Carlomagno]] e Ludovico il Pio offrirono alle fondazioni monastiche, senza la ''iussio imperialis'' che impose ai monasteri di Francia e di Germania l'adozione delle norme da lui proposte alla sinodo di [[Aquisgrana]].<ref>Da ''I monaci'', in ''L'uomo medievale'', a cura di [[Jacques Le Goff]], Editori Laterza, Roma-Bari, 1987, p. 55. ISBN 88-420-2947-5</ref>
*Monaci e monasteri hanno cessato da tempo di far parte della comune esperienza degli abitanti d'Europa. Non hanno cessato di esistere ma non figurano più tra gli incontri ordinari e ricorrenti del suo paesaggio storico. Solo ne restano qua e là le imponenti vestigia: mascherate nelle città, dove le vecchie chiese abbaziali sono state occupate e deformate da altri officianti e gli immensi conventi sono stati destinati a nuovi usi dalle soppressioni rivoluzionarie; abbandonate e spesso cadenti nelle antiche solitudini delle campagne, pallida e non sempre decifrabile testimonianza di una presenza e di una grandezza di cui per lo più sono andate perdute ragioni e memoria.<ref>Da ''I monaci'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (p. 41.</ref>)
*L'artefice principale di tale inquadramento e di disciplinamento fu [[Benedetto d'Aniane]], entrato già adulto nel monastero di Saint-Seine, presso Digione, dopo aver servito alla corte e nell'esercito di [[Carlo Magno|Carlomagno]]. Per questa sua opera, non senza qualche enfasi, è stato definito il secondo fondatore del monachesimo occidentale. In una realtà ancora largamente articolate e mossa egli legifera, precisa, organizza, amplifica e scandisce con esatta puntualità le ritualità della giornata, impone in qualche modo l'uniformità.<ref>Da ''I monaci'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (p. 55.</ref>)
*Monaci e monasteri hanno cessato da tempo di far parte della comune esperienza degli abitanti d'Europa. Non hanno cessato di esistere ma non figurano più tra gli incontri ordinari e ricorrenti del suo paesaggio storico. Solo ne restano qua e là le imponenti vestigia: mascherate nelle città, dove le vecchie chiese abbaziali sono state occupate e deformate da altri officianti e gli immensi conventi sono stati destinati a nuovi usi dalle soppressioni rivoluzionarie; abbandonate e spesso cadenti nelle antiche solitudini delle campagne, pallida e non sempre decifrabile testimonianza di una presenza e di una grandezza di cui per lo più sono andate perdute ragioni e memoria.<ref>Da ''I monaci'', in ''L'uomo medievale'', 1987, p. 41.</ref>
*{{NDR|Su [[Benedetto d'Aniane]]}} Il suo costante disegno, come scrisse il suo discepolo e biografo Ardone Smaragdo, fu di realizzare all'interno della comune professione una comune prassi di vita quotidiana (''consuetudo''), nell'osservanza di un'unica comune regola. Ma il suo successo sarebbe impensabile senza l'appoggio politico e l'imponente sostegno finanziario che soprattutto [[Carlo Magno|Carlomagno]] e Ludovico il Pio offrirono alle fondazioni monastiche, senza la ''iussio imperialis'' che impose ai monasteri di Francia e di Germania l'adozione delle norme da lui proposte alla sinodo di [[Aquisgrana]].<ref>Da ''I monaci'', in ''L'uomo medievale'', a cura di [[Jacques Le Goff]], Editori Laterza, Roma-Bari, 1987, (p. 55. ISBN) 88-420-2947-5</ref>
 
==NoteBibliografia==
*Giovanni Miccoli, ''I monaci'', in ''L'uomo medievale'', a cura di [[Jacques Le Goff]], Editori Laterza, Roma-Bari, 1987.
<references />
 
==Altri progetti==