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*Più tardi i [[Bolscevismo|bolscevichi]] distrussero tutte le tombe riducendo il luogo una landa desolata. Anche il [[Monastero dorato di San Michele|monastero di San Michele]] con le reliquie di santa Barbara fu messo a sacco, come tante e tante altre chiese e la veneratissima ''Kievo Perchèrskaia Lavra''. Il pensiero di tutto ciò è spaventoso. (p. 141)
*A quei tempi molti giovani, persino ragazzi di quattordici o quindici anni, avevano segretamente lasciato la famiglia per arruolarsi nell'[[Armata Bianca]]. Le salme di molti di loro, uccisi al fronte, furono portate a Novotcherkàsk (residenza dell'Atamano dei [[cosacchi]] del Don), composte nelle bare ed esposte in file nella cattedrale per essere sepolte il giorno dopo con maggiore solennità. Una moltitudine di gente ansiosa, con l'angoscia scritta in volto, invase la cattedrale cercando tra i morti per accertarsi che nessuno dei suoi fosse tra essi. Erano un triste spettacolo i giovani volti morti di quei ragazzi che spontaneamente, appassionatamente, avevano dato la vita per la patria. Furono fotografati e numerati, così come le loro tombe, per consentire più tardi alle famiglie di ritrovare la loro sepoltura. Ma, all'avvento dei [[Bolscevismo|bolscevichi]] tutte le liste e tutte le fotografie furono distrutte così che le tombe di quegli ignoti giovani eroi rimarranno per sempre ad invocare silenziosamente giustizia. (pp. 141-142)
*Quando andai a prendere il tè da lui e conobbi sua moglie, una svizzera, il generale [[Aleksej Maksimovič Kaledin|Kalèdin]] mi raccontò con semplicità una storia commovente. Durante la guerra, era sul punto di prendere una seria decisione, ma esitava, non volendo esporre inutilmente i suoi uomini lanciandoli all'attacco. In quel momento ricevette da sua moglie un telegramma, non importante ma che finiva con le parole «Dio ti benedica». Mi disse che leggendo quelle tre parole, si sentì illuminato, capì subito quel che dovesse decidere, diede i suoi ordini e riportò un'importante vittoria. (p. 143)
*Anche la morte dell'Atamano Kaledìn[[Aleksej Maksimovič Kaledin|Kalèdin]] [...] fu del tutto eccezionale. Il suo periodo in carica come Atamano eletto dai cosacchi del Don si avvicinava alla fine e i bolscevichi accerchiavano sempre più strettamente Novotcherkàsk. [...] Vivo non si sarebbe arreso. Non avrebbe rinunciato al dovere che, come soldato, gli era sacro. Vide una sola via d'uscita e quella decise di seguire. (pp 143-144)
*Prima dei grandi combattimenti i soldati russi usavano, per poco che fosse possibile, indossare camicie pulite affinché in caso di morte i loro corpi fossero pronti per la sepoltura. Da soldato qual era, Kaledìn[[Aleksej Maksimovič Kaledin|Kalèdin]] si cambiò la biancheria e andò in cerca di sua moglie che attraverso la porta vide occupata in una conversazione su questioni di beneficienza. Senza farsi scorgere, da lontano, le mandò con un bacio un ultimo silenzioso saluto. Tornato nella sua stanza si sparò un colpo di rivoltella ed ebbe ancora la straordinaria dignità di sdraiarsi sul letto con le mani incrociate sul petto, incrociate nella sua fede profonda, incrociate per la sepoltura. Un gesto perfettamente appropriato all'uomo. (p. 144)
*Il generale Nicolai Jùdovich Ivànoff era stato comandante in capo del fronte russo occidentale [...]. Era un uomo non più giovane. Aveva molto da raccontare, avendo molto visto nella sua vita. Durante il periodo di torbidi precedente l'abdicazione dell'imperatore, egli aveva raccolto al Quartier Generale imperiale un gruppo di ufficiali e di soldati tutti decorati, come lui, dell'ordine di san Giorgio. Con loro si accinse, agli ordini dell'imperatore, a ristabilire l'ordine a Pietroburgo. Riuscirono ad arrivare vicino a Tsàrskoe Selò ma a quell'epoca tutti i contatti con il Quartier Generale erano interrotti. Lì appresero la gravissima notizia dell'abdicazione dell'imperatore. Di fronte alle schiaccianti forze rivoluzionarie, poterono soltanto tristemente ritirarsi. (p. 142 e 145-146)
*Da un certo tempo si vedevano a certi angoli delle strade uno o due cinesi che vendevano ventagli di carta, lanterne e tutti i generi possibili di paccottiglia cinese. Non ho dubbi che fossero stati messi lì come osservatori per controllare i movimenti degli uomini appartenenti all'[[Armata Bianca]]. Più tardi me ne convinsi ancor più perchè, quando i [[Bolscevismo|bolscevichi]], entrando in città, catturarono e torturarono alcuni ufficiali bianchi, si disse che i cinesi strapparono loro gli occhi, sfilarono loro come guanti la pelle delle mani, ecc. (pp. 147-148)