Giovanni De Castro: differenze tra le versioni

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*Enfantin voleva giungere alle estreme applicazioni. Fedele al concetto di niente reprimere e di tutto soddisfare, egli mirava a far entrare nei costumi l'apoteosi della gioia e del lusso, delle feste, della galanteria; gli pareva che nemmeno questi impulsi avessero a rimanere infruttuosi per il bene comune. Era tempo che si legittimasse, pur disciplinandolo, anche il piacere, cessando di adulare il dolore e la rassegnazione, e di considerarli necessari e provvidi: insomma un rovesciamento completo delle idee morali che hanno conferma nella coscienza e nelle credenze religiose. (Nuovo Cristianesimo, p. 252)
 
*Nato bottaio, avviato maestro, riuscito giurista – e adesso slanciato nel gran mondo parigino – egli {{NDR|[[Étienne Cabet]]}} è anzitutto settario, carbonaro, anzi uno dei capi di questa Società segreta, e accoglie con disdegno la {{sic|Ristorazione}} borbonica: egli si associa ai nemici della medesima d'ogni colore, fossero pure {{sic|napoleonisti}}. (Icaria, p.262)
 
*Un ingegno bizzarro, eteroclito, versatile e versipelle, il fiorentino [[Anton Francesco Doni|{{sic|Antonfrancesco}} Doni]], già frate, poi smonacatosi, per furore di vita sciolta e libertina, poi stampatore a Firenze, quindi in Venezia poligrafo e adulatore smaccato di potenti; amico dell'Aretino, e in troppe cose a lui somigliante; questo Doni, dico, inquieto, litigioso, violento, è tutto fuoco verso la società nel cui mezzo s'aggira e di cui sfrutta i vizi e le debolezze, e formula contro di essa un atto d'accusa, che si direbbe scritto oggi, del quale (se fosse consentito dare così grande valore ad una voce solitaria, sperduta) si direbbero un'eco le odierne proteste. (Un socialista italiano del Cinquecento, pp. 303-304)