Ferdinand Gregorovius: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 81:
==Citazioni su Ferdinand Gregorovius==
*La Storia {{NDR|della città di Roma nel Medioevo}} del Gregorovius avrà ed ha i suoi difetti; in qualche parte potrà per ricerche nuove essere corretta; non ogni volume, degli otto che lo compongono, ha lo stesso valore: ma questo geniale uomo e genialissimo scrittore poteva senza vanto dire del proprio lavoro, e con maggior diritto di Flavio Biondo<ref>Flavio Biondo (1392 – 1463), storico e umanista italiano, autore di tre guide alle rovine dell'antica Roma.</ref>, queste parole del Diario: «creai ciò che ancora non esisteva», ed il suo libro, nonostante il tema, la novità, l'apparato scientifico, è uno dei più popolari e più letti di tutta la letterature europea, gloria e fortuna non riservate di sicuro alle arcidottissime {{sic|lucubrazioni}} dei suoi detrattori. ([[Ernesto Masi]])
*Non è meraviglia se dotti scrittori, pur riconoscendo alcuni pregi letterari del Gregorovius, l'ampiezza del disegno, un certo sforzo di erudizione, una certa enfatica vivezza di descrizione ed eleganza di dettato, nondimeno, ora considerando la sua storia della città di Roma nel Medio-Evo in sé stessa, [...], dissero che ei troppo sovente scapestra in materie gravissime, che in certi capitoli quasi ad ogni pagina dà in grossi svarioni, che in molti casi {{sic|anco}} i più indulgenti non possono andar d'accordo con lui quanto a materie politiche e religiose, che le sue pagine mostrano spesso malvolere contro la Chiesa e i Papi. Annotarono che la sua storia a più di un titolo può chiamarsi romanzo, da far le delizie di alcuni protestanti odiatori di Roma e pascere la {{sic|leggiera}} e frivola curiosità di volgari letterati e di semidotti che da per tutto in numerosa classe sono vaghi più dell'appariscente che del solido, più della bellezza artistica che della verità ne' libri storici; ma che i suoi volumi non potranno mai essere accolti come storie autorevoli da' veri dotti e sapienti. ([[Luigi Tripepi]])
*Rientrato a Roma all'inizio del '71,<ref>1871, l'anno successivo alla breccia di Porta Pia e all'annessione di Roma al Regno d'Italia.</ref> Gregorovius la trova già irriconoscibile. Infervorata da una alacrità prima sconosciuta, quella che era stata per lui la metropoli del silenzio, il luogo perfetto per calarsi idealmente nella condizione umana e civile del Medioevo da lui rivissuto e storicamente ricostruito, era ormai sonante di diversi richiami, di molteplici attività. E risulta per noi patetico, il suo correre per l'Urbe, il suo arrampicarsi sulle colline per congedarsi dai luoghi dei quali paventava la trasformazione e la degradazione dal punto di vista del fascino ambientale ed umano. ([[Armando Ravaglioli]])
*Una storia filosofica, come quella del Gibbon<ref>[[Edward Gibbon]], autore della celebre ''The History of the Decline and Fall of the Roman Empire'' (''Storia della decadenza e caduta dell'Impero romano'').</ref>, si può scrivere vicino o lontano dal proprio oggetto di studio. Non così quella del Gregorovius. Per sentire e dipingere a quel modo, per rianimare con vera fantasia di storico artista quei ruderi, quelle torri, quelle nere moli medievali, appoggiate, intrecciate quasi alle classiche ruine di Roma antica e imperiale, bisogna averle sott'occhio, viverci in mezzo, vederle, rivederle a quei lumi di sole invernale, fra quelle brume estive di tramonto, quando, dice il Gregorovius, «Roma, qualche volta non si lascia vedere, si racchiude in sé stessa, nella sua vetustà». Per questo egli aggiunge che l'aria di Roma agisce su di lui come vino di Sciampagna, che la sua storia del medio evo romano non è soltanto il frutto di vent'anni di ricerche, ma il {{sic|risultamento}} d'una vita, la conseguenza d'una passione invincibile. Felice libro, felicissimo scrittore! ([[Ernesto Masi]])