Rainer Maria Rilke: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*Io imparo a vedere. Non so perché tutto penetra in me più profondo e non rimane là dove, prima, sempre aveva fine e svaniva. Ho un luogo interno che non conoscevo. Ora tutto va a finire là. Non so che cosa vi accada. (1988, pp 2-3)
*L'ho già detto? Io imparo a vedere. Sì, incomincio. Va ancora male. Ma voglio mettere a profitto il mio tempo.<br>Non mi era mai capitato di accorgermi, per esempio, di quanti volti ci siano. C'è un'infinità di uomini, ma i volti sono ancor più numerosi poiché ciascuno ne ha più d'uno. (1988, p. 3)
*Oggi chi dà ancora valore a una morte ben fatta? Nessuno. (1988, p. 5)
*Una volta si sapeva (o si sospettava, forse) di avere ''in'' sé la morte come il frutto ha il nocciolo. I bambini ne avevano una piccola in sé e gli adulti una grossa. Le donne l'avevano nel grembo e gli uomini nel petto. La si ''aveva'', e questo dava a ciascuno una speciale dignità e un silenzioso orgoglio. (1988, p. 6)
*E quale bellezza malinconica nelle donne, quand'erano gravide e si reggevano in piedi, e nel loro grosso ventre, su cui giacevano d'istinto le mani esili, c'erano ''due'' frutti: un bambino e una morte. Il loro sorriso denso e quasi nutriente nel volto svuotato non scaturiva forse dal loro capire, talvolta, che i due frutti crescevano insieme? (1988, p. 11)
*Proprio non posso impedirmi di dormire con la finestra aperta. Attraverso la camera si precipitano scampanellando tram elettrici. Automobili mi corrono sopra. L'urto di una porta. (1966, p. 9)
*Ma non voglio più scrivere [[lettera|lettere]]. Dire a qualcuno che cambio: perché? Se cambio, non sono più quello di prima, sono qualcosa di diverso da quello che ero: è evidente, così, che non ho più conoscenti. E come scrivere a estranei, a gente che non mi conosce? (1966, p. 10)
*Oh, ma come si sta bene tra uomini che [[lettura|leggono]]! Perché non sono sempre così? (1988, p. 28)
*Imparai allora a conoscere la suggestione che può immediatamente derivare da un dato costume. Appena indossato uno di quegli abiti, dovevo confessarmi d'essere in suo potere; quello mi prescriveva movimenti, espressione del viso, persino idee; la mia mano, sulla quale cadevano e ricadevano le trine dei manichini, non era la mia solita mano, si muoveva come un'attrice, direi quasi che si osservava, per quanto esagerato possa sembrare. (1966, p. 72)
*Non mi sono ancora abituato affatto a stare in questo mondo, che mi sembra buono. Cosa sarebbe di me in un altro? Resterei tanto volentieri tra i significati che mi sono divenuti cari, e se qualcosa deve mutare, vorrei almeno poter vivere tra i cani, che hanno un mondo parente del nostro e le medesime cose.<br>Ancora per un poco posso scrivere e dire tutto. Ma verrà il giorno in cui la mia mano sarà lontana da me, e quando le ordinerò di scrivere, scriverà parole che non volevo. (1988, p. 39)
*È possibile che ci sia gente che dice «[[Dio]]» e pensa a qualcosa che apparterrebbe a tutti?
*Imparai allora a conoscere la suggestione che può immediatamente derivare da un dato costume. Appena indossato uno di quegli abiti, dovevo confessarmi d'essere in suo potere; quello mi prescriveva movimenti, espressione del viso, persino idee; la mia mano, sulla quale cadevano e ricadevano le trine dei manichini, non era la mia solita mano, si muoveva come un'attrice, direi quasi che si osservava, per quanto esagerato possa sembrare. (1966, p. 72)
*Ho un luogo interno che non conoscevo. Ora tutto va a finire là. Non so che cosa vi accada.
{{NDR|Rainer Maria Rilke, ''I quaderni di Malte Laurids Brigge'', trad.traduzione di Furio Jesi, Garzanti, Milano 1974. ISBN 8811360870}}
*Io imparo a vedere.
*Non mi sono ancora abituato affatto a stare in questo mondo, che mi sembra buono. Cosa sarebbe di me in un altro? Resterei tanto volentieri tra i significati che mi sono divenuti cari, e se qualcosa deve mutare, vorrei almeno poter vivere tra i cani, che hanno un mondo parente del nostro e le medesime cose.
*Oggi chi dà ancora valore a una morte ben fatta? Nessuno.
*Oh, ma come si sta bene tra uomini che leggono! Perché non sono sempre così?
*Una volta si sapeva (o si sospettava, forse) di avere ''in sé'' la morte come il frutto ha il nocciolo.
*Verrà il giorno in cui la mia mano sarà lontana da me, e quando le ordinerò di scrivere, scriverà parole che non volevo.
{{NDR|Rainer Maria Rilke, ''I quaderni di Malte Laurids Brigge'', trad. di Furio Jesi, Garzanti, Milano 1974. ISBN 8811360870}}
*Era un [[poeta]] e odiava l'approssimazione.
*Essere [[Amore|amati]], è passare. Amare, è durare.<ref>Citato in Vincenzo Errante, ''Rilke: storia di un'anima e di una poesia'', Sansoni, 1947.</ref>
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*Rainer Maria Rilke, ''Diario di Parigi (1902)'', a cura di Andreina Lavagetto, Einaudi, Torino, 2003. ISBN 88-06-16107-5
*Rainer Maria Rilke, ''I quaderni di Malte Laurids Brigge'', traduzione di Giorgio Zampa, De Donato editore, 1966.
*Rainer Maria Rilke, ''I quaderni di Malte Laurids Brigge'', traduzione di Furio Jesi, Garzanti, Milano, 1988. ISBN 88-11-58087-0
*Carl Jacob Burckhardt, ''Incontro con Rilke'', a cura di [[Antonio Gnoli]], traduzione di [[Ervino Pocar]] Sellerio, Palermo, 1990.
*Rainer Maria Rilke, ''Le storie del buon Dio'', traduzione di [[Vincenzo Errante]], Tea, Milano 1989. ISBN 8878191035