Rainer Maria Rilke: differenze tra le versioni

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*Accetta dunque, mia cara mamma, un bacio con tutto il cuore nella solenne ora di [[Natale]], la più pacata dell'anno, la più misteriosa, in cui i desideri ancora ignari si tendono fino all'estremo e vengono per prodigio esauditi: trascorrila nel profondo, grande raccoglimento del Tuo cuore, abbandona ogni dubbio e incomprensione: in quest'ora abbiamo un posticino dentro di noi dove siamo semplicemente bambini, che attende e sta là, fiducioso e mai confuso, nel suo diritto a una grande gioia: questo è il Natale.<ref>Da ''Lettere di Natale alla madre, 1900-1925''; citato in Aa.Vv., ''Pensieri di Natale'', a cura di Luigi La Rosa, BUR, Milano, 2005, p. 46. ISBN 88-17-00896-6</ref>
*[...] ancora una volta siamo in mezzo alle tempeste, che spingono la primavera fra la folla numerosa che ormai appartiene a [[Capri]]. Strana è stata la notte dell'equinozio di primavera, una notte di luna con innumerevoli ombre di foglie messe in fuga sui sentieri (fatti di luce bianca). Il profumo delle violaciocche non aveva pace sopra i fiori e si ritrovava d'improvviso su cespugli tutti diversi, ai quali non apparteneva, e tutti gli alberi duri, preparati al vento di mare, si facevano di nuovo sentire con la loro durezza, quando le foglie si voltavano e sbattevano l'una contro l'altra. Ma il vento (lo si vedeva) non arrivava più così in alto nella notte, ormai era solo un fiume di vento, una strada di vento, sopra la quale stava immoto, profondo e silenzioso, un cielo in fiore, cielo di primavera con grandi stelle solitarie e aperte.<ref>Dalla lettera a Clara Westhoff del 25 marzo 1907. Citato in ''Poesie'', vol I (1895-1908), a cura di Giuliano Baioni, commento di Andreina Lavagetto, introduzioni, commenti e note di Andreina Lavagetto, traduzione di Anna Maria Carpi (''Prime poesie'', ''Le poesie giovanili'', ''Canzone d'amore e di morte dell'alfiere Cristoph Rilke''), Cesare Lievi (''Il libro d'ore''), Giacomo Cacciapaglia (''Il libro delle immagini'', ''Nuove poesie''), Einaudi-Gallimard, Torino, 1994, p. 991. ISBN 88-446-0021-8</ref>
*Appena un [[artista]] ha trovato il vivo centro della sua attività, nulla per lui è così importante come mantenervisi […]: il suo posto non è mai, neanche per un attimo, accanto allo spettatore e al critico.<ref>Da ''Lettera al dottor Heygrodt'', 24 dicembre 1921.</ref>
*Anzitutto questo: domandatevi nell'ora più silenziosa della vostra notte: ''devo'' io scrivere?<ref>Da una lettera del 17 febbraio 1903. Citato in [[Stefano Lanuzza]], ''Non è mai troppo presto. Antimanuale di scrittura e lettura'', Stampalternativa.</ref>
*Devi cambiare vita.
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*[...] nessun paesaggio può essere più greco, nessun mare più saturo di antiche vastità di quanto non lo siano la terra e il mare che mi si offrono alla vista e ai sensi andando verso [[Anacapri]]. Là è la [[Grecia]], senza le cose d'arte del mondo greco, ma quasi come subito prima del loro nascere. Lassù stanno i pendii pietrosi, come se tutto dovesse ancora accadere, come se dovessero ancora sorgere gli dei che la Grecia evocò nei suoi eccessi di brivido e di bellezza.<ref>Dalla lettera a Clara Westhoff del 1 marzo 1907. Citato in ''Poesie'', vol I , Einaudi-Gallimard, p. 959.</ref>
*''Ninfa, sempre ti rivesti | con quanto ti denuda, | ed il tuo corpo esalti | per l'onda tenera e cruda. || Muti il tuo abito sovente, | cambi l'acconciatura; | la vita in te sfuggente | resta presenza pura.''<ref>''Piccola [[cascata]]'', da ''Poesie francesi'', a cura di Roberto Carifi, Crocetti Editore, Milano, 1989, p. 58.</ref>
*[...] non appena un [[artista]] ha trovato il centro vivente della sua attività, nulla è così importante per lui come tenersi in esso e da esso (che è anche il centro della natura e del suo mondo) non allontanarsi mai oltre il confine della parete interiore della sua opera che ha fatto emergere silenziosamente e costantemente; il suo luogo non è, ''non è mai'', nemmeno per un attimo, accanto allo spettatore o al critico.<ref>Da ''Lettera a Robert Heinz Heygrodt'', Château de Muzot, 24 dicembre 1921. Da ''Verso l'estremo. {{small|Lettere su Cézanne e sull'arte come destino}}'', a cura di [[Franco Rella]], Pendragon, Bologna, 2007, [https://books.google.it/books?id=vcb3NNknpTwC&lpg=PA99&dq=&pg=PA99#v=onepage&q&f=false p.99]. ISBN 9788883425530</ref>
*{{NDR|[[Ultime parole]]}} Oh vita, vita, poter uscire.<ref>Citato in [[Umberto Veronesi]], ''L'ombra e la luce: La mia lotta contro il male'', Einaudi, Torino, 2008, p. 83. ISBN 978-88-06-19501-0</ref>
*''Respirano lievi gli altissimi [[abete|abeti]] | racchiusi nel manto di [[neve]]. | Più morbido e folto quel bianco splendore | riveste ogni ramo via via. | Le candide strade si fanno più zitte, | le stanze raccolte più intente''.<ref>Da ''Liriche e prose'', Sansoni.</ref>