Azra Nuhefendić: differenze tra le versioni

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*I crimini più odiosi dell'ex Jugoslavia hanno avuto il sostegno entusiasta degli [[intellettuali]], cioè delle persone la cui istruzione e reputazione avrebbero dovuto rassicurarci. (…) Invece di usare la propria autorevolezza contro la guerra, la maggior parte degli intellettuali serbi ha scelto di fare da guida al popolo giustificando "scientificamente" la violenza, purché servisse a raggiungere l'obiettivo proclamato: "la grande Serbia etnicamente pura". (…) L'impegno politico degli intellettuali serbi fu decisivo per creare un'immagine dei musulmani bosniaci come alieni e per alimentare il sistema del genocidio. Professori, poeti, accademici, biologi, scrittori, pittori, matematici, attori, affermavano che 'i musulmani sono geneticamente inferiori', che 'la Bosnia è uno Stato-mostro', che 'i serbi sono il popolo superiore', che 'un convertito all'Islam è peggiore di un turco, che 'l'Europa ci sarà grata perché in Bosnia abbiamo difeso i valori e la cultura cristiana', che 'i musulmani sono infedeli e assassini a sangue freddo', che i bosniaci musulmani 'soffrono di frustrazione rettale', e che hanno 'predisposizione al furto, una totale mancanza di etica e avidità di potere'. (pp. 37-38)
*Prima della guerra le colline intorno a Sarajevo erano coperte di prati verdi e di boschi. La guerra ha cambiato il [[paesaggio]]. Oggi le alture sono nude, la città è circondata da cimiteri. Guardando Sarajevo dai punti dominanti, si notano frequenti brandelli bianchi, sembrano delle pecore che pascolano. Per chi non sa, potrebbe essere anche un paesaggio pastorale. Il bianco delle lapidi abbaglia lo sguardo. (pp. 60-61)
*Gli [[Albero|alberi]] li piantavamo per i morti, ma in guerra sono serviti ai vivi. Durante l'assedio di Sarajevo scomparivano gli alberi e si estendevano i cimiteri. Per riscaldarsi, quando ormai si erano esaurite tutte le altre risorse, la gente tagliava gli alberi nei parchi e nei cimiteri. I più audaci, o i più disperati, segavano gli alberi sulle colline, e sui pendii dei monti vicini, talvolta a solo una decina di metri di distanza dalla linea del fronte (p. 62)