Gino Boccasile: differenze tra le versioni

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==Citazioni su Gino Boccasile==
*È la protesta della carne nuda, della vita elementare, affidata all'urlo cromatico, contro l'avanzare del mondo delle macchine. A livello di grafica pubblicitaria questo versante strapaesano trovò un cantore insuperabile, Gino Boccasile, proteso a celebrare un'umanità media, appunto ai confini tra classe operaia e piccola borghesia, cioè quel «popolo» di cui il [[Fascismo|regime]] pretendeva di farsi guida e benevolo garante (anche se all'atto pratico si preoccupava assai degli interessi dell'alta borghesia); del resto, anche fuori di un destino di regimi dittatoriali, ci pensava un'incipiente società dei consumi a mettere in evidenza un'umanità ben pasciuta, felice del cibo, dei conforti, degli svaghi forniti dall'economia di quegli anni. ([[Renato Barilli]])
*La civiltà di massa verso cui il mercato e le strategie pubblicitarie vanno muovendosi non è certo più quella degli anni trenta. Il manifesto di Boccasile per la Locatelli, raffrontato a quello di [[Leopoldo Metlicovitz|Metlicovitz]] per la Buitoni, ne è una eloquente dimostrazione. Boccasile, sopravvissuto alla sua interpretazione «carnale» delle merci (che sarebbe stata ripresa dai «poveri ma belli» del Neorealismo rosa), e alla sua adesione al [[Fascismo|regime]] (il manifesto degli anni cinquanta dimostrerà che la violenza o il retorico autoritarismo della propaganda fascista ritorna tale e quale non solo nei manifesti politici democristiani e comunisti, ma anche nelle campagne a fini civili), sembra «vendicarsi» della storia, con questa folla di bambini tumultuanti al grido di «Vogliamo il formaggino Mio» (immagine anticipatoria delle future rivendicazioni di piazza dei giovani del Sessantotto – proprio loro, essendo questo manifesto del 1950). ([[Alberto Abruzzese]])
 
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