Søren Kierkegaard: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m +wikilink
+1.
Riga 5:
*Che la sostanza di [[Baruch Spinoza|Spinoza]] significhi qualcosa d'altro, lo si vede facilmente; perché la sua sostanza è una necessità interna, nella quale per l'appunto ciò ch'è casuale (l'accidentale) svanisce perciò continuamente. Insomma la sostanza di Spinoza è l'espressione metafisica per la verità cristiana della Provvidenza la quale a sua volta corrisponde al destino in quanto esso è unità di necessità e casualità in modo che il caso c'è certamente, ma anche in modo che per essa il caso non esista.<ref>Dai ''Papirer'', 1844, V B 55, 17; citato nella nota di Cornelio Fabro in Kierkegaard 1965, p. 120.</ref>
*Che maledizione essere donna! Eppure, quando si è una donna, la peggiore maledizione è infatti non capire di esserlo.<ref>In AA.VV., ''Il libro della politica'', traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018. ISBN 9788858019429</ref>
*Chi non è ardentemente convinto che il principio vitale dell'amore è l'idea, alla quale bisogna sacrificare, se è necessario, la vita e quel che è più, l'amore stesso, sia pure un amore felice, chi non è convinto di questo è bandito dal regno della poesia. Ma ove l'amore è nell'idea, ogni commozione, ogni fuggevole moto dell'animo ha il suo significato, perché l'essenziale è continuamente presente, ossia la collisione poetica che, a quel che io so, può essere ben più terribile di quella che ho qui descritta. Ma a voler servire l'idea, il che non vuol dire servire due padroni, quando l'altro padrone è l'amore, si richiede una logorante fatica, perché nessuna bella può servire le esigenze che ha l'idea, né il broncio di una fanciulla contrariata è paragonabile all'ira profonda dell'idea, ira che soprattutto non si può mai dimenticare.<ref>Da ''La ripresa'', traduzione di Angela Zucconi, Edizioni di Comunità, 1963, pp. 22-42. In Marco Scovazzi, ''Antologia delle letterature nordiche'', ''Letteratura Universale'', a cura di Luigi Santucci, vol. XXVIII, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1970, p. 77.</ref>
*Ci sono uomini il cui destino deve essere sacrificato per gli altri, in un modo o nell'altro, per esprimere un'idea, ed io con la mia [[Croce cristiana|croce]] particolare fui uno di questi.<ref name=Nicholl/>
*Ciò di cui ho veramente bisogno è di chiarire nella mia mente ''ciò che devo fare'', non ciò che devo conoscere, pur considerando che il conoscere deve precedere ogni azione. La cosa importante è capire a che cosa sono destinato, scorgere ciò che la Divinità vuole che ''io'' faccia; il punto è trovare la [[verità]] che è vera ''per me'', trovare l'''[[idea]] per la quale sono pronto a vivere e a morire''.<ref name=Nicholl>Citato in [[Donald Nicholl]], ''Il pensiero contemporaneo'' (''Recent Thought In Focus''), traduzione di Bruna De Allegri, Società Editrice Vita e Pensiero, Milano, 1956.</ref>
Line 10 ⟶ 11:
*Così, entrai nella vita favorito in tutti i modi, in quanto a doni di spirito e a circostanze esteriori; tutto veniva fatto e si veniva facendo perché lo spirito si sviluppasse in me con la maggiore possibile ricchezza; fidente, posso ben dirlo – sebbene con una simpatia e predilezione decisa per la sofferenza, e per ciò che fosse in qualche maniera oppresso e dolorante – entrai nella vita [...]: neppure per un attimo, nella vita, mi abbandonò la fiducia: si può ciò che si vuole, ma non si può una sola cosa; si può assolutamente tutto, ma una sola cosa no: alleviare la malinconia, che mi tiene in suo potere. [...] {{sic|già}} per tempo ebbi familiare il pensiero che vincere significa vincere in ciò che è infinito; la qual cosa, nell'àmbito di ciò che è finito, significa patire. E così anche questo veniva a ribattere dall'altro capo il più intimo pensiero della mia malinconia: che io in fondo non fossi buono a nulla nell'àmbito di ciò che è finito.<ref>Da ''Der Gesichtspunkt für meine Wirksamkheit als Schriftsteller'', «Samlede Vaerker», XIII, 605,
traduzione di Romana Guarnieri, in Romano Guardini, ''Ritratto della malinconia'', Brescia, [1954<sup>2</sup>], pp. 12-13; citato in [[Italo Lana]] e [[Armando Fellin]], ''Civiltà letteraria di Roma antica'', vol II, p. 476.</ref>
*Dal momento in cui per la prima volta il mio animo commosso s'inchinò in umile ammirazione davanti alla musica di [[Wolfgang Amadeus Mozart|Mozart]], è stata spesso per me una cara e consolante occupazione meditare come quella gioiosa visione ellenica della vita che chiama il mondo Kosmos, perché lo rappresenta come un tutto per ordinato, come uno squisito e trasparente ornamento di quello spirito che in esso agisce e vive..., come quella gioiosa visione si possa trasportare in un ordine superiore di cose, cioè nel mondo degli ideali; poiché anche qui si rileva una suprema mirabile saggezza, che si manifesta splendidamente nel riunire le cose che si appartengono: Omero e la guerra di Troia, Raffaello ed il cattolicesimo, Mozart e il "Don Giovanni"... Mozart immortale! A te devo tutto, è per te che ho perso il senno, che il mio spirito è stato colpito da meraviglia ed è stato scosso nelle sue profondità; devo a te se non ho trascorso la vita senza che nulla fosse capace di scuotermi.<ref>Da ''Don Giovanni, la musica di Mozart e l'eros''.</ref>
*[[Dio]] non pensa, Egli crea; Dio non esiste, Egli è eterno. L'[[uomo]] pensa ed esiste e l'[[esistenza]] separa pensiero ed essere, li distanzia l'uno dall'altro nella successione [...].<ref>Da ''Postilla conclusiva non scientifica alle «Briciole di filosofia»''; citato in Andrea Dalledonne, ''Il rischio della libertà: S. Tommaso – Spinoza'', Marzorati Editore, 1990, p. 34.</ref>
*Grande è la [[fedeltà]] femminile, specie quando la si declina!<ref>Da ''La ripetizione'', a cura di Dario Borso, BUR, 2014.</ref>