Federico Zeri: differenze tra le versioni

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*Non esiste un'[[arte cristiana]] vera e propria finché l'Impero romano non si è tramutato in un Impero cristiano. È curioso rilevare che, mentre tutti i periodi in cui noi suddividiamo la storia dell'arte sono originati da caratteri stilistici, o per lo meno dalla lettura formale, la così detta arte paleocristiana è l'unica che dipende solo dal soggetto. In realtà le produzioni plastiche e pittoriche dei primi cristiani non hanno formalmente nulla di diverso da quelle dei pagani; anzi, in alcuni casi, siamo addirittura incerti se il soggetto, il tema, sia cristiano o pagano, perché, formalmente, non esiste nessuna differenza. (Prima conversazione, p. 19)
*È norma salutare che se un [[quadro]] è sporco è meglio non toccarlo, a meno di affidarlo a tecnici competenti: il tempo distrugge, il tempo rovina, ma non quanto i cattivi restauratori. (Prima conversazione, p. 19)
*Il [[restauro]] è stato uno dei flagelli degli ultimi duecento anni. Un restauratore può rovinare molto di più di un bombardamento, perché le schegge delle bombe mutilano un quadro (a meno che non lo distruggano completamente), ma anche un frammento intatto consente la lettura dello stile. Il restauratore, invece, scortica il quadro; per cui mancando la pelle finale, sono impensabili l'analisi e l'interpretazione formale. (Prima conversazione, p. 19)
*Quando un'[[opera d'arte]] esce dalla norma e si avvicina all'assoluto accade che possa fare l'effetto di qualcosa di semplificato, perfino di rozzo. È quello che molti incompetenti non riescono a capire, per esempio, nei disegni di Raffaello che, a prima vista, possono sembrare semplicemente degli schizzi gettati sulla carta senza un'adeguata preparazione. In realtà, si tratta della finta semplicità, della finta povertà di ciò che è estremamente elaborato. È quello che accade anche per certa musica di Verdi che a chi non è ben preparato all'ascolto può fare l'effetto della canzonetta popolare. Persino certi versi di Dante possono fare questo effetto. (Seconda conversazione, p. 48.)