Giorgio Manganelli: differenze tra le versioni

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*D'altra parte lo sapevamo fin da [[Dante Alighieri|Dante]] che l'[[Paradiso e inferno|inferno]] ha una tendenza [[urbanistica]]. L'abbiamo sempre saputo, c'è una mappa dell'inferno, si può fare, ci sono delle strade, c'è una toponomastica, senza dubbio ci sono dei vigili. Voi direte che anche il paradiso potrebbe avere qualche qualità visionaria di questo tipo ma non è mica vero, nella nostra cultura noi non riusciamo a pensare al paradiso, per il momento, se non come una variante particolarmente luminosa del nulla. (p. 211, da ''Jung e la letteratura'', intervento al Convegno su «Jung e la Cultura Europea», Roma, 21-24 maggio 1973)
*Non credetegli quando dicono che lo [[scrittore]] deve adoperare una lingua che tutti devono capire. Non la deve capire nessuno! Figurarsi. Devono leggerla, rileggerla; sennò quale sarebbe la polivalenza linguistica dello scrittore nel tempo? (p. 213, da ''Jung e la letteratura'')
*[...] il re non può fare a meno del ''[[buffone|fool]]'', non può fare ameno dello sciocco, di colui che delira ma delira sensatamente, di colui che interpreta la dissennatezza del re e le sue angosce, di colui che comicizza la tragedia del re e della vita, perché il ''fool'' è molto vicino al punto di vista della morte.<br>Il discorso è comunque cascato per strada. C'è qualcosa nel mondo [[psicoanalisi|psicoanalitico]] che ha un particolare fascino per lo scrittore. Potrei dire che nello [[psicoanalista]] c'è una strana mescolanza del ''fool'' e del prete, direi del vescovo e del ciarlatano. Essendo una mescolanza potrebbe non dispiacermi. Dopotutto sia l'uno che l'altro, sono completamente indifferenti alla storia, essendo collocati nel grembo – potrei dire di peggio – della morte. (p. 216, da ''Intervento al Convegno su «Jung e la letteraturaCultura Europea»''), Roma, 21-24 maggio 1973)
*Non abbiamo mai conosciuto [[Dinosauria|dinosauri]], ma senza di loro saremmo diversi. Non riusciamo a stare mai a lungo senza parlare dei nostri sconosciuti amici. Oziamo al caffè, leggiamo libri futili, ci interroghiamo sull'al di là, andiamo a votare, ascoltiamo Brahms; poi, d'un tratto, l'antica tarantola ci morde: che ne è dei dinosauri? (p. 217, da ''In onore dei dinosauri'', ''Corriere della Sera'', 1984)
*La fortuna inaudita, esibizionistica del [[sonetto]] è dovuta proprio al fatto che è rigorosamente carcerario, non ti lascia andare a spasso, qui gli accenti, qui le rime; e la riprova della fortuna fascinosa di questa macchinazione sta nel fatto che taluni si divertirono a far sonetti anomali per dimensione e foggia, e furono appunto i burleschi. Un sonetto caudato è una burla da ragazzi maleducati. (pp. 231-232, da ''I corsivi'', ''Il Messaggero'', 1989)