Indro Montanelli: differenze tra le versioni

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*Se [[Gaetano Salvemini|Salvemini]] incarnava lo spirito protestatario e la sete giustizialista delle plebi meridionali, [[Antonio Salandra|Salandra]] incarnava lo spirito autoritario e conservatore della borghesia terriera. Proveniva da una famiglia di notabili pugliesi con parecchia roba al sole, e alla politica era approdato dalla cattedra universitaria, di cui conservava molti caratteri: una notevole cultura e finezza intellettuale, ma anche un compassato distacco che rasentava la freddezza. Prima di affrontare un problema lo studiava minuziosamente, e nessuno sapeva prospettarlo con più chiarezza di lui. (Capitolo IX. Sarajevo, p. 168)
*[[Paolo Boselli]] {{NDR|incaricato nel 1916 di formare il nuovo governo dopo le dimissioni di Antonio Salandra}}, che fu chiamato a presiederlo, possedeva tutti i requisiti, meno quelli che occorrono per guidare un Paese in guerra. Deputato ligure da parecchie legislature, era stato varie volte Ministro con Crispi, Pelloux e Sonnino, ma nessuno se n'era accorto. [...]. Passava per un esperto di questioni economiche, e moralmente era un personaggio di tutto rispetto. Ma politicamente era scolorito, e per di più aveva quasi ottant'anni. (Capitolo XVI. La caduta di Salandra, pp. 293-294)
*Quanto [[Luigi Cadorna|Cadorna]] era solitario, monacale ruvido e chiuso in un giro di valori e d'idee tradizionali, tanto [[Luigi Capello|Capello]] era brillante, estroverso, moderno, ricco d'immaginazione e maestro di "pubbliche relazioni". (Capitolo XVI. La caduta di Salandra, pp. 298-299)
*Lucano di Melfi, [[Francesco Saverio Nitti]] incarnava anche nel fisico tozzo e grassottello il tipo del notabile meridionale, colto, brillante, scettico e alquanto egocentrico. [...] la sua specialità era il problema del Mezzogiorno, di cui fu tra i primi seri studiosi e che gli fornì anche la base elettorale. [...]. Sul livello medio della classe politica di allora, egli faceva spicco per preparazione, equilibrio e lucidità, ma anche per una certa propensione ad attribuirsi il monopolio di queste virtù. (Capitolo XXIII. Versaglia, pp. 420-421)