Gesualdo Bufalino: differenze tra le versioni

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*Gertrude. Gran viso ovale e pallido fra le bende allentate ad arte, la sventurata Gertrude sconta le viltà degli altri, del suo tempo, e sue, secondo una traiettoria prevedibile e ferma. Gl'impulsi del troppo debole sangue, i contegni imposti, le cerimonie della storia, tutto congiura a chiuderla nella trappola del suo delitto. Esempio – che il [[Alessandro Manzoni|Manzoni]] reinventa, e su cui si china con angoscia, stupore e misericordia – della cesura minima che separa, l'una dall'altra, le responsabilità di ciascuno. (p. 142)
*L'[[Innominato]]. Montuoso e solitario, come il suo castello, il brigante innominato. Senza un amico né una donna. Con mani e sogni sporchi di sangue ma, nel cuore, un'«uggia» misteriosa, e insieme un barlume di bene e una nostalgia, come «la rimembranza della luce in un vecchione accecato da bambino» (detto per altri, ma vale per lui). Da qui la sua interminabile notte di passione, la sua doglia impervia e dolorosa, finché, in un'alba di cenere, l'uomo nuovo venga alla luce. Splendida rivitalizzazione d'un usato stereotipo gotico, nel segno di una coscienza religiosa che fra fede e ragione non esita a scegliere entrambe. (p. 145)
*Prestate a Julien Sorel un aiutante di campo come Vautrin e uno scacchiere di battaglia più ricco che non sia la Franca Contea; non gli manchi la prestanza, il gusto del conversare, un guizzo d'ironia come maschera d'una avidità animale («bramò... il potere dell'aquila, che strappa dalle pianure sino al suo nido la capretta bianca ancora dalla sua poppa»), gli si conceda (non guasta) qualche scrupolo di tanto in tanto, a salvaguardia d'un protagonismo dove il lettore si riconosca; abbia (paga una donna ricca, non è magnifico?) un alloggio, una carrozza, qualche vestito di gran sartoria... Cosa manca perché, lanciata la sfida, Eugenio de Rastignac inizi la sua Campagna d'Italia? (p. 159)
 
==''Il malpensante''==