Friedrich Georg Jünger: differenze tra le versioni

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==''Miti e mitologia''==
*Nel luogo integro, non ferito o danneggiato dall'uomo, il genio è vivo e sensibile. Allo stesso tempo egli è un guardiano; le ferite non restano impunite e si rivoltano contro gli uomini. Il ''genius loci'' è guardiano, custode ed accrescitore del suo luogo e in quanto tale è venerato. Ma la sfera del luogo va in rovina se viene violata; da ciò segue che l'uomo deve curare tutto ciò che {{sic|egli}} è assegnato e assoggettato per farlo prosperare: il campo, il pascolo, il frutteto, piante e animali. Questa non è solo una richiesta razionale promossa dall'intelletto, perché l'intelletto non produce niente, niente cresce dal giudizio. (p. 50)
*Ma in che, su che, {{NDR|Proserpina}} si inganna? Sul rapporto tra sopra e sotto, giorno e notte, luce e oscurità. Questo rapporto le resta nascosto nel suo gioco e incanto di fanciulla sul rigoglioso prato primaverile; ella nel suo gioco non sospetta, non pensa che Gaia discende dai Titani, dai giganti e dagli {{sic|dèi}}, divinità del mondo superiore e di quello inferiore. <br/>Il campo di fiori è opera della luce, del calore e dell'umidità, ma nello stesso tempo è collegato alla sfera inferiore, unin cui affondano le sue radici che là piantate possono germogliare e spuntare. Il profumo raccolto nei fiori viene distillato nell'Ade. Lo sbocciare dei fiori e l'apertura dell'Ade, da cui prorompe rapido il Dio con la sua pariglia di cavalli, sono una cosa sola. (p. 53)
*Nella vista di Omero, nel suo veder con gli occhi, si trova indiviso ciò che il tempo più tardi dividerà. Nel pensiero la percezione dell'essere viene divisa dalla natura delle cose e la luce appartenente all'apparizione separata da essa. Il pensiero che esegue questa separazione cerca di rimuoverla e si allontana da essa. La sua verità non può ormai essere di nuovo la luce; la lingua in cui si presenta, la parola scritta, parlata, ascoltata presuppone che essa sia libera dalla luce ingannevole. Lingua e e pensiero qui non sono più una cosa sola, e in ciò si trova una contraddizione che è riscontrabile in ogni [[metafisica]]. (p. 60)
*Cosa accade quando gli {{sic|dèi}} dell'Olimpo si allontanano e passano in secondo piano? Si manifesta la fatalità della vita umana, che è tutt'uno con la sua storia. Fato e necessità diventano tutt'uno e la necessità si fa valere costrittiva e imperante. A ciò allude la frase di [[Empedocle]], che la grazia detesta la necessità, difficile da sopportare, difficile da tollerare. <br/>Il leggiadro movimento di grazie, ore e muse è una [[danza]] che non segue il bisogno, in cui non si rende sensibile alcuna necessità. Il movimento leggiadro a cui assistiamo, che non ha di sé alcuna coscienza, annulla in noi la forza di gravità a cui siamo assoggettati, ci toglie un peso. (p. 67)