Gabriele D'Annunzio: differenze tra le versioni

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*Credo nell'esperienza di un fato che ci genera e ci costringe a sporcare la faccia del mondo per vedere come ce la caveremo. Per difendermi ho imparato a maneggiare il [[fango]]. In fondo solo con il fango una [[mano]] sapiente può costruire qualche cosa che resista al [[fuoco]]. Anche se i più lo maneggiano non per costruire, ma per insozzare e per distruggere.<ref name=rud>Da una lettera ad [[Alessandra Carlotti di Rudinì]]; citato in [[Gigi Moncalvo]], ''Alessandra Di Rudinì. Dall'amore per D'Annunzio al Carmelo'', Edizioni Paoline, 1994.</ref>
*Compagni, non è più tempo di parlare ma di fare; non è più tempo di concioni ma di azioni, e di azioni romane. <br /> Se considerato è come crimine l'incitare alla violenza i cittadini, io mi vanterò di questo crimine, io lo prenderò sopra me solo. <br /> Se invece di allarmi io potessi armi gettare ai risoluti, non esiterei; né mi parrebbe di averne rimordimento. <br /> Ogni eccesso della forza è lecito, se vale a impedire che la Patria si perda. Voi dovete impedire che un pugno di ruffiani e di frodatori riesca a imbrattare e a perdere l'Italia. <br /> Tutte le azioni necessarie assolve la legge di Roma.<ref>Dall'''Arringa al popolo di Roma in tumulto, la sera del XIII maggio MCMXV'', in ''Per la più grande Italia'', pp. 73-74.</ref>
*''Era un ritorno. Il sole spandea per i boschi ducali, | precipitando, un fuoco torbido. Ma su l'acque, || chiuse da quel gran cerchio di tronchi infiammati, | un pallore | cupo regnava. Raggio non le feriva alcuno. || Chi nel divino grembo del lago adunava tant'ira? | Livide, mute, l'acque minacciavano; || come d'un lungo sguardo nemico seguivano il nostro | passo; vincean d'un freddo fascino i nostri cuori. || Una paura ignota ci strinse. Pensiero di morte | illuminò d'un lampo l'anima sbigottita. || Parvemi andar lungh'esso un lido letale, uno Stige; | e de l'amata donna l'ombra condurre meco. || Tutte di nostra vita lontana le imagini vaghe | si dissolveano; ed ecco, tutto era morte in noi, || tutto; ed il nostro amore, il nostro dolore, la nostra | felicità non altro eran che morte cose.''<ref>''Sul [[lago di Nemi]] (Villa Cesarini)'', ''Elegie Romane'', Zanichelli, Bologna, 1892, [https://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/d_annunzio/elegie_romane/pdf/d_annunzio_elegie_romane.pdf, libro II, p. 33].</ref>
*Heu! Heu! Heu! Alalà!<ref>[[Gridi di battaglia|Grido di guerra]] del 7 agosto 1917, citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Chi l'ha detto?|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. [[s:Pagina:Chi l'ha detto.djvu/648#c1828|616]].</ref>
*Ho vinto. La convalescenza comincia. Vive, vivrà. In quella sera d'afa e di lampi muti, il commiato era in fondo agli [[Occhio|occhi]] dei [[Medico|medici]]. Essi esitavano di guardarmi. Uno, il più illustre, uscendo dalla stanza dove l'odore della dissoluzione si faceva intollerabile, mormorò: "soltanto il miracolo potrebbe...".<br>Credo nel miracolo.<ref>da ''Solus ad Solam''.</ref><ref name=Pri>Citato in Lucy Napoli Prario, ''Tre abiti bianchi per Alesandra'', Mondadori, 1966.</ref>