Capitalismo: differenze tra le versioni

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*Si è sempre sostenuto che il problema del capitalismo è di esser materialista, mentre il collettivismo può permettersi di essere attento al non-materiale. Ma l'esperienza ha dimostrato il contrario. Non c'è stata società che abbia tanto enfatizzato i requisiti puramente materiali del benessere quanto il collettivismo. Una gran maggioranza di persone si preoccupa sempre del proprio interesse materiale, ma nelle società collettiviste quella grande maggioranza domina la politica e la minoranza viene soppressa. Una società libera, una società di mercato, permette a quella minoranza di perseguire i propri obiettivi; di fatto è nelle società libere che si è verificato uno sviluppo di gran lunga maggiore degli aspetti non-materiali, spirituali, artistici del benessere. ([[Milton Friedman]])
*Si legge quasi ovunque [...] che "il capitalismo non c'entra niente" con crac e banche chiuse e manager felloni. Che siano stati dunque il comunismo o il socialismo o il pensiero greco o il giusnaturalismo, in forme subdole, a spingere metà del mondo a indebitarsi fino al midollo? [...] Nelle ingenuissime, strenue difese delle virtù del liberismo, che di suo sarebbe buono e benefico, ed è stato deviato dalle intenzioni malvagie di poche cricche di mascalzoni (per altro in genere impuniti e ben liquidati), pare di risentire pari pari la patetica difesa che alcuni comunisti fecero del [[comunismo]], in sostanza un'ottima idea applicata però maluccio o malissimo da despoti asiatici o burocrazie ottuse. Allo stesso modo il liberismo degli ultimi vent'anni viene considerato un'idea così brillante, così gagliarda, che non gli si imputa neanche ciò che proprio lui e solo lui può avere innescato, un capitalismo senza più alcun rapporto con la ricchezza prodotta dal lavoro, senza misura e senza controlli, senza etica e senza freni. ([[Michele Serra]])
*Sono arrivato alla conclusione che il successo è quello che la società sventola davanti agli occhi di tutti per far credere che se uno s'impegna ce la fa, che, se uno se lo merita, può farcela con le sue sole forze: può avere successo, appunto. Tutto questo è ovviamente falso, questa società non è in grado di premiare tutti, non premia tutti quelli che lavorano e s'impegnano [...]. Però c'è una terribile implicazione in tutto questo: se ognuno è responsabile delle proprie fortune, allora ognuno è colpevole del proprio fallimento. Se guadagni poco, se sei disoccupato, se sei povero, è colpa tua perché non t'impegni, e quindi non te lo meriti. Questo non è solo un errore, è un orrore. Questa è un'ingiustizia spirituale che si aggiunge all'ingiustizia materiale. Come ci siamo arrivati? Come siamo arrivati a venerare il potere, i soldi, la bella vita? A considerarli lo scopo del vivere in società e a considerare la povertà come qualcosa di normale, qualcosa che inevitabilmente colpisce chi non lavora abbastanza o magari non ha i mezzi per raggiungere quel successo. Perché questa società non si scandalizza delle ingiustizie, invece di preoccuparsi del profitto e della crescita? È semplice, ha trionfato il punto di vista dei vincitori, dei ricchi e dei potenti, e sono stati dimenticati gli ultimi, dimenticati quelli che sono alla base della società, quelli che permettono all'economia di stare in piedi. Quelli che con il loro lavoro costruiscono la ricchezza di altri. ([[Cosmo (cantante)|Cosmo]])
*[[Stalin]] pensava che la [[prima guerra mondiale]] aveva strappato una nazione alla schiavitù capitalista, la [[seconda guerra mondiale|seconda]] aveva creato il [[socialismo|sistema socialista]] e la terza avrebbe annientato una volta per tutte il capitalismo. ([[Vjačeslav Michajlovič Molotov]])
*Verso l'abolizione del Capitalismo si va espropriando i capitalisti a beneficio di tutti, e non creando un capitalismo peggiore: il capitalismo di Stato. ([[Luigi Fabbri]])